Future Society

Cos’è Clubhouse: il nuovo social basato sulla voce

22 January 2021 | Scritto da Thomas Ducato

Foto, video, post scritti e chat hanno monopolizzato il panorama social degli ultimi anni: ma una nuova piattaforma, considerata da alcuni già un “fenomeno” da tenere d’occhio, sta provando a invertire la tendenza

Largo alle parole. Quelle dette, a voce, senza la necessità di un supporto visivo. Dopo anni di testi scritti, magari in pochi caratteri, foto, grafiche e video, i social network riscoprono la dimensione orale. La stessa della radio, che da oltre un secolo intrattiene e informa milioni di ascoltatori nel mondo, e dei podcast, che sembrano finalmente arrivati a un grado di maturazione che possa trasformarli da mezzo di nicchia a strumento di massa.

Sta facendo parlare di sé l’app Clubhouse, social basato sulla voce sviluppato dall’imprenditore della Silicon Valley Paul Davison e dall’ex ingegnere di Google Rohan Seth, che nonostante sia nata da meno di un anno e sia ancora in versione beta (disponibile solo per dispositivi iOS) è già stata valutata 100 milioni di dollari e ha circa 600 mila utenti tra cui volti noti dello showbiz statunitense.

 

Come funziona. Se le chat vocali da 4 minuti su Whatsapp sono entrate di diritto tra i vostri incubi peggiori potete stare tranquilli: quelli su Clubhouse non sono messaggi registrati ma chiacchiere live, interattive e su temi specifici, a cui gli utenti partecipano liberamente se interessati all’argomento.

Clubhouse, si legge sul sito (anche questo ancora in versione beta) “è un luogo in cui incontrarsi con amici e nuovi contatti di tutto il mondo, per raccontare storie, porre domande, discutere, imparare e conversare su migliaia di argomenti diversi”.
Le conversazioni sono organizzate in stanze e divise per temi e interessi. È un algoritmo a scegliere quali conversazioni mostrare agli utenti, sulla base dei loro interessi e dei loro amici. Una volta dentro alla stanza è possibile decidere se partecipare attivamente alla discussione, prenotando un intervento, o semplicemente ascoltare.
Negli USA, dove è già diffusa con numeri importanti, si sta affermando soprattutto in ambito lavorativo, come strumento di networking e per creare relazioni a distanza, elemento prezioso in particolare tempi di pandemia (ma non solo).
Chi è già iscritto da un po’ assicura che la community che si è creata è di assoluta qualità e che ci sono discussioni ricche di contenuto e valore. Insomma, le premesse ci indicano che la storia di Clubhouse è appena iniziata.

 

La prima sfida: moderare i contenuti. Con la notorietà e la crescita degli utenti sono arrivati, puntuali come sempre, anche i primi problemi. Niente di nuovo per il mondo dei social: si tratta di aspetti legati alla privacy e alla necessità di moderare i contenuti in modo rapido e soprattutto efficace. Sono stati già segnalati le prime molestie e fenomeni di razzismo, difficili da denunciare visto che le conversazioni non vengono registrate per motivi di privacy. Gli sviluppatori hanno introdotto strumenti per i moderatori delle stanze (ruolo conferito a chi apre lo spazio di discussione) per eliminare o silenziare i colpevoli dalle conversazioni. Per ora potrebbe anche bastare ma, suggeriscono gli esperti, di fronte a numeri sempre maggiori di utenti e conversazioni serviranno misure più precise e stringenti.
Anche per queste ragioni, oltre che per la volontà di partire già con una community solida, Clubhouse è ancora in versione beta ed è possibile entrare nel social network solo su invito o iscrivendosi a una lista di attesa.

Il riscatto social della voce, però, sembra iniziato e se ne sono accorti anche dalle parti di Twitter che sta lavorando a una nuova funzione, Spaces, che va proprio in questa direzione.

Thomas Ducato
Thomas Ducato

Direttore di Impactscool Magazine. Laureato in Editoria e giornalismo all’Università di Verona e giornalista pubblicista dal 2014, si occupa delle attività di ufficio stampa e comunicazione di Impactscool, curandone anche i contenuti, la loro diffusione e condivisione.

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