Cambiamento climatico e ambiente

5 tecnologie per preservare gli animali in via d’estinzione

29 August 2019 | Scritto da La redazione

La sesta estinzione di massa è alle porte e pare che a causarla sarà proprio l’uomo. Non tutto è perduto, però, e sempre l’uomo sta tentando di salvare il salvabile.

Al mondo esistono solo due esemplari di rinoceronte bianco settentrionale, entrambi femmine, l’estinzione completa della loro specie è solo questione di tempo. Ma forse possiamo fare qualcosa per evitarlo. Il 22 agosto un gruppo di veterinari è riuscito a raccogliere ovuli dai due esemplari, incapaci di portare a termine una gravidanza, che ora verranno inseminati da spermatozoi congelati di esemplari maschi e verranno poi impiantati in esemplari femmina di rinoceronte bianco meridionale, un parente stretto di questi pachidermi. Il futuro di questi animali è nelle mani dei veterinari e dei ricercatori che stanno portando avanti le più avanzate tecnologie in ambito riproduttivo.

Questo è solo uno degli esempi di tecnologie che possiamo usare per preservare specie animali sull’orlo dell’estinzione: ci troviamo di fronte a quella che sembra essere la sesta estinzione di massa sul nostro pianeta e spetta all’uomo, a cui si possono attribuire buona parte delle sue cause, trovare delle soluzioni. Scopriamo alcune delle tecnologie che potrebbero essere usate per salvare gli animali più a rischio.

 

La stampa 3D che salva i rinoceronti. Uno dei motivi principali che hanno portato i rinoceronti sulla soglia dell’estinzione è il bracconaggio. I loro corni vengono venduti a peso d’oro per essere utilizzati nella medicina tradizionale orientale. Per provare a sconfiggere questo fenomeno l’azienda di biotech Pembient produce corni di rinoceronte sintetici. Sfruttando la stampa 3D sono in grado di creare corni indistinguibili da quelli rimossi dagli animali, fatti di cheratina e sviluppati da cellule contenti DNA di rinoceronte. Questi corni vengono venduti a un prezzo più basso rispetto quelli provenienti dal bracconaggio che in questo modo vengono letteralmente tagliati fuori dal mercato.

 

Droni. In Kenya il governo ha avviato un programma di monitoraggio delle aree protette attraverso droni ad ala fissa in grado di sorvegliare gli animali e identificare i bracconieri, così da poterli arrestare. Al momento in tutti i 52 parchi naturali vengono utilizzati assieme a unità cinofile e pattuglie armate. I dati raccolti con i droni inoltre vengono utilizzati, attraverso algoritmi di intelligenza artificiale, per predire gli spostamenti dei branchi di animali ed evitare che incappino in zone abitate o molto trafficate.

 

Clonazione. La clonazione potrebbe essere una di quelle tecnologie rivoluzionare nell’ambito della conservazione animale. Grazie al materiale genetico conservato nelle biobanche sarebbe possibile riportare in vita animali estinti da poco (per i fan di Jurassic Park, niente T.Rex quindi, ci spiace). Non solo, andando a modificare il genoma di alcune specie animali a rischio le si potrebbe rendere adatte alle condizioni climatiche dettate dal riscaldamento globale.

 

Pinger. Le popolazioni di cetacei sono a rischio, una delle minacce principali sono le reti da pesca in cui spesso rimangono impigliati, un fenomeno in aumento con l’incremento della pesca. Un piccolo dispositivo potrebbe cambiare le cose: si chiama “pinger” ed è un piccolo emettitore di impulsi sonori che viene attaccato alle reti da pesca. Questi impulsi vengono captati dai delfini e dalle balene che riescono quindi a “vedere” le reti, altrimenti invisibili ai loro sistemi di ecolocazione, riuscendo a evitarli.

 

Le biobanche. Come abbiamo accennato prima, per riuscire a clonare animali estinti o in via d’estinzione è necessario avere accesso al loro materiale genetico. Qui entrano in gioco le biobanche, istituti che conservano tessuti e DNA di animali a rischio (e non solo). Alcuni esempi sono lo Zoo congelato di San Diego e il progetto Frozen Ark. Mantenere in condizioni ottimali questi campioni non è semplicissimo quindi sforzi di questo genere sono spesso guidati da grandi associazioni e aziende che possono permettersi le spese per mantenere queste infrastrutture.

La redazione
La redazione

leggi tutto