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Un nuovo inizio, dagli occhi di un docente

16 November 2020 | Scritto da La redazione

La scuola durante la pandemia raccontata dal punto di vista di un professore

A cura di Francesco Puglisi

Vi abbiamo raccontato com’è stata l’esperienza della DAD e del successivo ritorno in aula da parte di una studentessa, in una testimonianza scritta di suo pugno, ma per ampliare i nostri orizzonti è importante dare voce a diversi punti di vista, per questo abbiamo chiesto a un nostro contributor che di mestiere fa il docente di raccontarci cosa ha significato per lui affrontare le sfide che il Covid-19 ha posto davanti al mondo dell’istruzione.

 

Fin dai miei  primi anni d’insegnamento ho sviluppato un interesse nell’innovazione didattica e di conseguenza nell’uso delle nuove tecnologie nel campo dell’insegnamento. La maggior parte del mio percorso formativo e degli sforzi nella mia attività di tutti i giorni era prorio volta ad introdurre piccole innovazioni, validarle e consolidarle come prassi.

La mia attività di docente di sostegno con il pallino per la tecnologia e l’innovazione procedeva regolarmente, quando i telegiornali incominciarono a parlare  del diffondersi di un virus molto contagioso in una città in Cina.

Il propagarsi del virus aveva una crescita esponenziale e le notizie si facevano sempre più frequenti e pressanti. Il normale corso della lezione incominciava ad essere interrotto, di tanto in tanto, da qualche intervento di qualche studente più dedito a seguire i telegiornali. L’interesse di qualcuno era diventato l’interesse di tutti. Gli studenti mostravano preoccupazione e compassione, ma si intuiva che consideravano l’evento come qualcosa di distante che non li potesse coinvolgere direttamente. Di giorno in giorno la situazione si aggravava e cresceva la preoccupazione nella scuola. In qualche occasione la paura si trasformava in rabbia canalizzata verso qualche studente straniero ed i docenti si trovarono di fronte all’arduo compito di dover educare alla riflessione e alla gestione delle emozioni in un contesto ambientale esterno alla scuola dove i toni pacati non erano mantenuti e dove spesso ci si irrigidiva sulle proprie posizioni.

In un tempo brevissimo passammo dall’essere degli spettatori che guardavano attoniti delle notizie in televisione all’essere i protagonisti delle storie che venivano narrate nei telegiornali: emergenza sanitaria, paese in lockdown, adozione di misure per il contenimento del virus e didattica a distanza.

 

Essere un docente nella scuola post-Covid. La situazione ha colto tutti di sorpresa e soprattutto il mondo della scuola che è risaputo non essere un settore ad alto tasso di innovazione. Anche io, che ho dedicato del tempo nella mia attività di tutti i giorni a sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie nella didattica, sono rimasto spiazzato. All’improvviso ci siamo ritrovati a doverci relazionare con i nostri studenti attraverso una telecamera e gli studenti stessi hanno dovuto trovare nuovi modi per interagire, sperimentare nuove dimensioni della comunicazione.

Di certo il venir meno della presenza fisica ha azzerato la possibilità di “educare” certi atteggiamenti degli studenti e di fargli sviluppare certe abilità: lo stare in gruppo, imparare ad interpretare il linguaggio paraverbale, come intervenire in una discussione, affrontare “la fisicità” di uno scontro di idee con un collega, etc.

Abbiamo dovuto affrontare parecchie difficoltà: prima tra tutte l’acquisizione e l’utilizzo di hardware e software idonei allo svolgimento dell’attività didattica. Come docenti ci siamo accorti che essere nativi digitali non implica il saper utilizzare la tecnologia in modo funzionale: gli studenti hanno mostrato di essere a loro agio solo con l’utilizzo degli smartphone e solo con alcune applicazioni.

Abbiamo dovuto impare ad “educare” quei comportamenti disfunzionali propri degli adolescenti che si sono riproposti in modalità “a distanza”.

Non tutto è però difficoltà. Si sono anche aperte delle opportunità: la digitalizzazione dell’attività didattica ci ha dato la possibilità di organizzare e strutturare meglio lo svolgimento delle lezioni, ci ha costretto a mantenere traccia di tutta l’attività svolta, ha formalizzato l’attività asincrona, ha costretto gli studenti a mantenere  traccia degli elaborati realizzati, ha permesso ai docenti di poter sempre vedere tutte le fasi del percorso evolutivo degli alunni, ha permesso di sperimentare nuove forme di “lavori di gruppo” ecc.

Si sono raggiunti dei risultati: gli studenti hanno ora una piena consapevolezza dell’utilizzo del registro elettronico, hanno imparato ad apprendere a distanza, hanno imparato ad utilizzare strumenti per il lavoro da remoto (abilità che gli saranno utili nel corso della loro vita) e  lo stesso vale anche per i docenti che hanno imparato ad educare ed a trasmettere conoscenza a distanza.

 

Docente fra i docenti.  Ci sono stati anche cambiamenti nelle relazioni professionali, nel rapporto tra i docenti, nella gestione delle attività proprie della scuola e nell’organizzazione della burocrazia.

Nelle relazioni professionali, dal mio punto di vista, si è diventati più formali ed in certi casi più efficienti, ma è venuto un po’ meno lo spirito di gruppo e  la circolazione delle informazioni al di fuori dai canali ufficiali, che in parecchie occasioni genera soluzioni a problemi concreti.

Il rapporto con i colleghi si è trasformato, nel caso di nuovi ingressi, ad essere puro rapporto professionale: risulta essere molto più difficile creare dei rapporti di stima reciproca che vadano oltre il contesto lavorativo.

Le attività proprie della scuola quali il ricevimento genitori, i consigli di classe, le riunioni per materia, gli scrutini ed i collegi docenti sono stati completamente digitalizzati e avvengono a distanza: è aumentato, a mio parere il livello del servizio, in quanto, i genitori, hanno la possibilità di essere più presenti dovendo spendere meno tempo per poter parlare con i docenti ed in quanto  le riunioni degli organi collegiali si svolgono con maggior ordine ed una maggiore assunzione di responsabilità ed attenzione  da parte del singolo  dovuta all’impossibilità poter “chiedere al vicino”. 

Infine la burocrazia è stata ampiamente digitalizzata e razionalizzata, non solo si è dato il via ad un processo di evoluzione che continuerà nel tempo in quanto i processi per forza di cose verranno migliorati.

 

Gli studenti nella scuola post-Covid. Lo studente nella scuola post covid è uno studente più consapevole nell’utilizzo delle tecnologie che lo circondano e più responsabile nell’utilizzo dei social, ma con meno conoscenze e competenzea tecniche e relazionali a causa della mancanza di interazione in presenza tra pari. È uno studente con alle spalle un’esperienza superata di adattamento al cambiamento repentino e una sviluppata capacità di saper lavorare anche in un contesto ambientale ed emotivo avverso. 

La sfida per il futuro è sicuramente quella di integrare gli aspetti positivi portati dall’adozione capillare della tecnologia in tutti gli aspetti  dell’attività scolastica e gli aspetti positivi del lavorare in presenza e della didattica tradizionale.

 

Il nuovo ruolo della scuola. Alla luce di quanto detto e delle esigenze di dover far ripartire il Paese sia dal punto di vista economico che sociale, la scuola dovrà assumere il ruolo di formatore di “talenti” e di “cittadini consapevoli” che riescano a guidare al cambiamento imprese ed istituzioni, dove il  nodo centrale dovrà essere non più la trasmissioni di saperi, ma la trasmissione di competenze spendibili durante tutto l’arco della vita: la conoscenza  della Storia, della Matematica, seppur importante, dovrà assumere ruolo secondario di fronte all’acquisizione della competenza di saper lavorare in team o di saper confrontarsi con punti di vista differenti in maniera proficua.

La scuola dovrà prevedere momenti di didattica in presenza e momenti di didattica a distanza, dovrà essere sempre più una scuola senza confini di spazio e di tempo, aperta all’esterno e all’interazione con le aziende integrandosi con esse e occupandosi di quegli aspetti che le stesse non possono curare: creare un “ambiente protetto” che dia a tutti la possibilità di poter riconoscere e sviluppare i propri talenti ad di là della conoscenza dei contenuti disciplinari. 

La redazione
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