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Alla Columbia University hanno creato la prima Chiavetta USBatterio

15 January 2021 | Scritto da La redazione

Degli scienziati sono riusciti a immagazzinare dei dati all’interno del DNA di un batterio vivente

Da diversi anni si studia la possibilità di usare il DNA per immagazzinare dati e informazioni, come veri e propri hard disk, solo che al posto di codici composti da 0 e 1 ci sono le quattro basi azotate che compongono il codice genetico. I vantaggi di questa tecnologia sono nella densità di immagazzinamento. In spazi millimetrici è possibile immagazzinare centinaia di GB. Diverse ricerche sono già riuscite nell’impresa, ma mai prima d’ora all’interno di un essere vivente.

Alla Columbia University sono riusciti a inserire delle informazioni all’interno del DNA di un batterio vivente. I dati conservati in questo modo tendono a degradarsi abbastanza rapidamente, ma ispirandosi alla biologia i ricercatori hanno trovato una soluzione: i dati vengono infatti trasmessi alla prole dei batteri, replicando il DNA e creandone più copie che conservano il file. La tecnica, messa a punto usando CRISPR, ha permesso di immagazzinare appena 72 bits con all’interno il testo “Hello World!”. Per ora siamo lontani da vedere microscopici hard disk (o meglio wet disk) pieno di materiale genetico, ma questo passo in avanti apre nuove strade per lo sviluppo di tecniche sempre più efficaci per immagazzinare dati tramite processi biologici.

Via Futurism

 

La redazione
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