Future Society

Il Padrino ai tempi di Internet

13 March 2018 | Scritto da Andrea Geremicca

Grazie a film di successo come Il Padrino o I Soprano, molti di noi associano il crimine organizzato a enormi e potenti famiglie, spesso governate da carismatici boss come Vito Corleone o Tony Soprano. La realtà attuale, però, è ben diversa. I “don”, i “capi” e gli “scagnozzi” hanno lasciato il posto a freelance, hacker ed esperti di tecnologia. Le nuove organizzazioni criminali, oggi, somigliano più a una Startup che a una famiglia.

 

L’accelerazione tecnologica che stiamo vivendo oggi è incredibile, l’impatto delle tecnologie esponenziali sulla nostra società ha rivoluzionato molti aspetti della nostra vita. Alcuni mercati si sono trasformati, altri sono scomparsi, altri ancora sono nati e cresciuti in tempi velocissimi.

Ma cosa è successo al mondo del crimine?

Per sopravvivere all’ondata tecnologica, anche i criminali si sono dovuti innovare. Gruppi tradizionali come Cosa Nostra, Ndrangheta o Yakuza hanno aperto al loro interno nuovi dipartimenti di Cyber Crime e oggi assumono programmatori, sviluppatori e hacker, comprano server e non piazzano più bombe, ma malware. Dimenticatevi il tipico hacker dei film hollywoodiani: i teenager emarginati dalla società che passano intere giornate davanti al pc, negli scantinati o nei garage di casa sono solo un lontano e ingenuo ricordo. Oggi, il 40% degli hacker legati ad attività criminali ha più di 35 anni, veste abiti firmati e guida auto di lusso.

Del resto, la collaborazione tra hackers e crimine organizzato è più che un’ipotesi, è un dato di fatto. Uno studio della Rand Corporation mostra che, mentre in passato gli hacker erano per l’80% lavoratori singoli e indipendenti (freelance), oggi oltre l’80% di loro lavora per gruppi criminali.

La rapidità con cui il crimine ha intuito il cambiamento in atto, investendo nelle nuove tecnologie, non deve sorprendere, anzi spesso gli stessi criminali sono stati “early adopters” di tantissime nuove invenzioni. Quando i poliziotti correvano a piedi o a cavallo, i gangster americani scappavano con le prime auto e quando i poliziotti sparavano con revolver da sei colpi, loro rispondevano con armi automatiche. I trafficanti di droga, inoltre, sono stati tra i primi ad avere i cellulari e i precursori dell’utilizzo dei droni. Grazie a speciali droni provvisti di sensori termici, infatti, già in passato riuscivano a sorvolare i palazzi delle città e scoprire dove i cartelli rivali coltivavano droga (essendo necessarie molte lampade per coltivare la marjuana, la temperatura degli appartamenti è più alta rispetto alla media).

L’avvento di internet ha semplificato la vita a più di qualche criminale, in particolare ai rapitori. A Città del Messico, ad esempio, l’aumento dei rapimenti è legato alle potenzialità degli smartphone e alla possibilità di sfruttarli in una location precisa: l’aeroporto. Immaginate di essere un rapitore, siete in aeroporto alla ricerca di qualche ricco manager proveniente dagli Stati Uniti o dalla Germania: un target perfetto, probabilmente solo, straniero e pieno di soldi, ma come fare a capire quale di quei manager ha il più alto ROI? Semplice, basta leggere i nomi scritti sui cartelli degli autisti che li aspettano in aeroporto e verificare su Google il loro ruolo e la compagnia per cui lavorano. Trovato il manager con la posizione più prestigiosa (o che collabora con la società più ricca), basta minacciare l’autista, prendere il suo cartello, attendere il malcapitato, e il gioco è fatto.

Potrei continuare con molti altri esempi, da come le prostitute sfruttino Airbnb, a come gli spacciatori accettino pagamenti virtuali con Square. Ma credo abbiate capito: i criminali moderni, per sopravvivere al cambiamento, hanno dovuto imparare a utilizzare le nuove tecnologie, modificano metodi, tecniche e abitudini.

Qual è la prima cosa che controllate quando prenotate un hotel, quando scegliete un ristorante o quando comprate su Amazon o eBay? Probabilmente i feedback. Viviamo in un’epoca in cui la “digital reputation” è fondamentale, soprattutto nel campo degli affari. Chi compra un oggetto che ha una stella su cinque? Chi acquista da un seller che ha terribili feedback? Chi sceglie un ristorante che ha pessime recensioni? Diciamolo, chi oggi vuole fare affari deve avere una digital reputation perfetta, anche se è un criminale.

Molte volte, durante i workshop di Impactscool nelle Università, parliamo di Silk Road, un e-commerce (chiuso dal l’FBI nel 2013) dedicato ai prodotti illeciti. Il sito, per ovvie ragioni, non era raggiungibile digitando l’URL, ma solo navigando nel così detto Dark Web, una parte dell’immenso Deep Web a cui si accede in maniera del tutto anonima, sfruttando alcuni programmi che garantiscono la navigazione in incognito, come ad esempio TOR. Silk Road funzionava come un qualsiasi e-commerce: cercavi il prodotto, trovavi il rivenditore e concludevi la trattativa pagando in Bitcoin (per questo motivo, ancora oggi, il Bitcoin viene spesso associato al crimine). La parte più interessante del procedimento era che, una volta ritirato il tuo prodotto (ad esempio armi, droga, medicinali), potevi rilasciare un feedback al tuo Digital Pusher: se ti aveva fregato, altri utenti lo avrebbero saputo e avrebbero evitato di rivolgersi a lui. Dopo due o tre feedback negativi, gli amministratori potevano addirittura revocare la licenza di vendita al seller.

La chiusura di Silk Road non ha interrotto il traffico di prodotti illeciti online. Negli ultimi tre anni, infatti, centinaia di nuovi mercati illegali hanno aperto i battenti sul Dark Web. Tra quelli ancora attivi, i più famosi sono Dream Market, Valhalla, Zion, WallStreet Market: tutti portali che condividono lo stesso sistema di recensioni e feedback introdotto da Silk Road.

Del resto, come disse il famoso scrittore Terry Pratchett “If you were going to be successful in the world of crime, you needed a reputation of honesty”: se volevi avere successo nel mondo del crimine, avevi bisogno di essere onesto.

Andrea Geremicca
Andrea Geremicca

Contributor

Dal 2014 fa parte dell’Organizing team del TEDx Roma ed è visiting professor e Mentor presso la John Cabot University. Andrea studia e racconta nei suoi articoli gli impatti delle tecnologie esponenziali sulla nostra società.

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