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Scomporre la Blockchain: perché è fondamentale a fini giuridici

29 May 2019 | Scritto da Giulio Siciliano

Distributed Ledgers, Consensus, Smart Contracts: sono solo alcune delle componenti e funzioni che contribuiscono a definire la tecnologia Blockchain. In questo approfondimento parleremo dei ledgers: perché la blockchain è diversa dai normali registri?

In un precedente intervento, abbiamo provato a descrivere perché la blockchain e il mondo legale non dovrebbero essere visti come elementi antitetici: il mondo giuridico ha un disperato bisogno di innovazione, ma anche le nuove tecnologie necessitano di un enforcement del mondo legale. Affinché questo avvenga è tuttavia necessario che, ancor prima di definire i singoli ambiti di applicazione di questa tecnologia tutelati dall’ordinamento, vi sia una corretta definizione giuridica del fenomeno in sé e delle sue componenti. Detto in parole povere: è necessario che il diritto dica cosa, a suo avviso, è da considerarsi, in questo caso, come blockchain.

Per farlo è necessario analizzare alcune singole componenti : i ledgers, il consensus, gli smart contracts e un possibile inquadramento giuridico della disciplina. In questo primo approfondimento andremo ad analizzare i  ledgers, ovvero perché la blockchain può essere considerata come un unico registro diffuso e le caratteristiche che la distinguono dai normali registri.

 

I Ledgers, i registri distribuiti. Le blockchain rientrano tra le cosiddette distributed ledgers technologies. Un ledger non è altro che un registro. All’interno del nostro ordinamento possiamo trovarne moltissimi e per gli scopi più disparati. Pensiamo ad esempio ai registri contabili all’interno dei quali le aziende inseriscono tutte le loro attività e passività. Ancora, se non vi fossero registri che attestano la proprietà, non potremmo parlare di mercato immobiliare. Finanche le nostre forme di governo, per un corretto funzionamento, hanno bisogno di un discreto ammontare di registri. È interessante notare come, in modo assolutamente trasversale a tutti i Paesi del mondo, i “registri” siano una componente comune e ricorrente. Non sbaglieremmo se dicessimo che tutti gli elementi della nostra vita come consociati sono racchiusi all’interno di un numero “x” di registri.

Ebbene, la blockchain è una sorta di registro distribuito (per l’appunto, distributed ledger); distribuito nel senso che, all’atto pratico, non ne esiste una “copia originale”. I partecipanti al network possono mantenere ognuno una “esemplificazione” del registro, con la certezza che sia esattamente identica a tutte le altre.

 

Gestire il “consenso”. Wenger ha definito le blockchain come centralizzate dal punto di vista logico (il registro, nonostante la distribuzione, rimane “unico”) e decentralizzate dal punto di vista organizzativo (un numero indefinito di partecipanti al network possiede una copia dell’unico registro). Per questo motivo, i computer che partecipano direttamente a una rete blockchain sono costantemente in comunicazione tra loro per rimanere sincronizzati. Questa sincronizzazione è definita consensus: il suo mantenimento è, forse, la componente fondamentale di ogni blockchain, proprio in ragione del fatto che non esiste una copia originale del registro distribuito tra i partecipanti.

I registri centralizzati hanno diversi elementi di complessità. In primo luogo, sono più facilmente manipolabili: essendoci una sola copia originale cui tutte le altre sono semplicemente conformi, compromessa questa è possibile far fallire l’intero sistema a cascata.

Non sembra soddisfacente nemmeno il sistema opposto, ovvero quello di dotare ogni agente di un proprio registro. In un sistema di questo tipo, una transazione tra due diversi agenti deve essere trascritta, per lo meno, due volte in via indipendente. Questo implica una necessaria riconciliazione tra i due (o più registri) e, conseguentemente, la possibilità che questa possa non andare a buon fine per una serie indeterminata di errori del sistema. Se può sembrarci una circostanza inverosimile, trasportiamo questa complessità sulle centinaia di milioni di transazioni che vengono effettuate ogni giorno, in tutto il mondo, e moltiplichiamole per il numero di partecipanti alle stesse. Soprattutto nei rapporti tra più di due agenti, non è così inverosimile che possano accadere circostanze di questo tipo. Grazie alla Blockchain, questa complessità potrebbe non essere più necessaria, proprio in ragione del suo peculiare funzionamento.

Nel prossimo intervento, parleremo del consensus, ovvero del modo attraverso il quale la blockchain potrebbe ovviare a questi problemi, pur mantenendo la medesima funzione certificatrice e senza perdere la fiducia degli agenti nel sistema.

Giulio Siciliano
Giulio Siciliano

Giulio Siciliano è laureato in giurisprudenza presso l’università LUISS Guido Carli di Roma, lavora come consulente in ambito Management e Innovazione.

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