Cambiamento climatico e ambiente

Abbiamo 12 anni per salvare il pianeta

10 October 2018 | Scritto da Chiara Boni

Non c’è più tempo da perdere: secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC i prossimi 12 anni saranno decisivi per invertire la rotta e limitare gli effetti del cambiamento climatico sul nostro pianeta

“Il rapporto è chiaro, e quello che sta dicendo alla nostra specie è che questo è il momento e dobbiamo agire, ora”. Così Debra Roberts, del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC), ha commentato l’ultimo rapporto di questo importante organismo scientifico dedicato alla ricerca su come sta cambiando il clima della Terra. Stando al rapporto, senza interventi concreti ed efficaci, entro il 2030 l’aumento della temperatura media globale supererà la temuta soglia di +1,5°C, con una serie di conseguenze drammatiche.

Il rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change

Il rapporto, pubblicato l’8 ottobre e frutto delle ricerche di migliaia di scienziati, ha stabilito che abbiamo circa 12 anni per intervenire e mantenere la temperatura media globale a livelli accettabili, oltre i quali anche un aumento di solo mezzo grado potrebbe peggiorare significativamente i rischi di siccità, inondazioni, calore estremo e povertà per milioni di persone.

Il testo finale è stato scritto e approvato da 91 scienziati provenienti da 40 diversi Paesi, su richiesta delle Nazioni Unite in seguito alla sottoscrizione dell’Accordo di Parigi del 2015. Il rapporto è stato approvato a Incheon, in Corea del Sud, al termine di una lunga serie di riunioni e incontri, in vista della prossima Conferenza sul clima che si terrà in Polonia il prossimo dicembre.

Attualmente, il pianeta Terra è 1°C più caldo rispetto ai livelli preindustriali: l’IPCC è chiaro riguardo al fatto che il cambiamento climatico è già in atto, come testimoniano i devastanti uragani negli Stati Uniti, gli incendi boschivi nei pressi dell’Articolo o i livelli record di siccità in Sudafrica. Secondo gli scienziati che hanno esaminato le oltre 6000 ricerche, i cambiamenti innescati da un aumento di un solo mezzo grado sono rivelatori: “Possiamo vedere che c’è una differenza ed è sostanziale”, ha spiegato Roberts.

Gli effetti dell’aumento della temperatura sulla Terra

Per esempio, se la temperatura globale aumentasse di 2°C, circa il 50% di persone in più soffrirebbe per la mancanza di cibo e acqua rispetto alla percentuale che si raggiungerebbe con un aumento di 1,5°C.

Con un aumento di 2°C, inoltre, giornate estremamente calde come quelle che nel corso della scorsa estate hanno destabilizzato alcuni Paesi dell’emisfero Nord, potrebbero diventare la norma, aumentando per esempio il rischio di incendi nelle zone boschive. Un tale aumento della temperatura, inoltre, rischia di distruggere il 99% delle barriere coralline, di cui, però, più del 10% potrebbe essere salvato restando entro i 1,5°C.

Oltre all’elevata acidità, ovvero un livello molto basso di ossigeno nelle acque, di cui soffrono già oggi gli oceani terrestri, uno studio ha dimostrato che entro il 2100 il livello delle acque potrebbe innalzarsi di circa 10cm, con conseguenze devastanti per la vita lungo le coste marittime.

Anche l’Artico, che rispetto al resto del pianeta si sta scaldando più velocemente, in futuro potrebbe vedere delle estati senza ghiaccio: con un aumento di 1,5°C potrebbe succedere ogni 100 anni circa, ma arrivando ai 2°C accadrebbe ogni decennio. Anche se la mancanza di ghiaccio in questa zona potrebbe essere considerata un’opportunità per l’apertura di nuove rotte commerciali via nave, il rapporto ricorda che le conseguenze sarebbe devastanti per la fauna che abita l’Artico, e molte specie come le balene, le foche, gli orsi polari e gli uccelli marini potrebbero essere messi in pericolo.

Il rapporto dell’IPCC stabilisce quattro strategie che è possibile percorrere perché la temperatura media globale non superi 1,5°C, introducendo diversi modelli di utilizzo della terra e l’utilizzo di alcune innovazioni tecnologiche. Tutti e quattro i percorsi prevedono una massiccia riforestazione e sostengono sia fondamentale il passaggio a sistemi di trasporto elettrici; il rapporto auspica anche un’implementazione delle tecnologie per ridurre attivamente i livelli di CO2 nell’aria. Anche l’inquinamento da carbonio deve essere ridotto drasticamente: almeno del 45% entro il 2030, fino a essere completamente eliminato nel 2050.

“I governi sono di fronte a scelte piuttosto difficili. Con questo rapporto, abbiamo sottolineato gli enormi vantaggi di restare entro i 1,5° C e il cambiamento senza precedenti dei sistemi energetici e dei trasporti che è necessario per raggiungere tale obiettivo”, ha affermato Jim Skea dell’IPCC “Abbiamo dimostrato che questo obiettivo può essere raggiunto, ma solo le scelte politiche giuste possono portarci al traguardo. È compito dei governi fare in modo che succeda”.

Il Premio Nobel per l’Economia 2018

Un segno positivo dell’impegno che governi e cittadini vogliono prendere nei confronti dei cambiamenti climatici potrebbe essere anche l’assegnazione del Nobel per l’Economia di quest’anno a due ricercatori che da decenni si occupano degli effetti che l’inquinamento ha sul nostro pianeta: William Nordhaus e Paul Romer. Valentina Bosetti, professore ordinario di economia dei cambiamenti climatici all’Università Bocconi e coautrice di William Nordhaus, ha spiegato: “È stato il primo ad avere introdotto variabili climatiche nei modelli economici, evidenziando l’influsso dell’economia sul clima e quello del clima sulla crescita economica. Economia e cambiamenti climatici sono legati a doppio filo: da una parte la crescita economica comporta l’aumento delle emissioni e quindi un effetto sulla temperatura, dall’altra l’aumento della temperatura ha un effetto positivo sull’economia, in particolare influenza la crescita. Il lavoro di Nordhaus ha messo a disposizione un modello open source che consente a ricercatori di molte discipline diverse di testare, sviluppare e portare avanti il lavoro che lui ha cominciato.”

Chiara Boni
Chiara Boni

Chiara Boni è Content Creator per Impactscool. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, è giornalista per la testata locale Pantheon Verona Network, per cui si occupa di intraprendenza femminile e attualità.

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