Pianeta Terra e Spazio

Anche il telescopio Hubble vuole sconfiggere la disparità di genere

11 January 2019 | Scritto da Chiara Boni

Negli ultimi anni è emerso che il processo di selezione per accedere al telescopio spaziale sembrerebbe favorire più spesso ricercatori uomini rispetto alle donne, ma un nuovo sistema vuole cambiare le cose.

Lanciato in orbita la prima volta nel 1990, il telescopio Hubble negli ultimi 28 anni si è dimostrato uno strumento essenziale per l’astronomia: grazie alle sue misurazioni sulle variabili cefeidi nell’ammasso della Vergine, per esempio, si è riusciti a stimare con più precisione l’età dell’universo. Ma Hubble è stato decisivo anche per la scoperta dei dischi protoplanetari nella nebulosa di Orione e della presenza dei pianeti extrasolari e, grazie al telescopio, si hanno immagini di GN-z11, la galassia più lontana dalla Terra mai rilevata, per citare solo alcuni dei suoi più importanti risultati.

Si capisce dunque perché questo strumento potentissimo sia considerato fondamentale per tantissimi settori della ricerca. Ma, come spiega un’inchiesta di The Atlantic, il processo che regola l’accesso a Hubble potrebbe avere qualche problema di disparità.

I dubbi sono nati già nel 2014, quando il Space Telescope Science Institute, analizzando i dati degli anni precedenti, ha notato che le richieste per l’utilizzo del telescopio presentate da ricercatori uomini tendevano ad essere approvate più spesso di quelle presentate dalle ricercatrici.

Per verificare che i sistemi di selezione fossero corretti, già l’anno scorso il STSI ha deciso di coinvolgere alcuni ricercatori esterni nel processo, che hanno notato come l’attenzione della commissione si concentrasse molto spesso su chi presentava la domanda, più che sulle ricerche che stavano alla base delle richieste. I responsabili della selezione, infatti, facevano spesso riferimento a esperienze passate con certi ricercatori o ad altri loro lavori già conosciuti e in generale sembravano favorire persone con cui avevano lavorato in passato. Per questo motivo, i ricercatori esterni hanno concordato che il processo di selezione non fosse imparziale e hanno proposto ai responsabili del STSI di passare a un modello che prevedesse l’anonimato.

A partire dal 2018, quindi, l’Istituto ha scelto di aggiornare il suo sistema di selezione secretando la maggior parte delle informazioni di chi presenta richiesta per l’utilizzo di Hubble, compreso il genere di appartenenza.

E qualche cambiamento c’è stato: delle 351 richieste presentate da uomini, ne sono state accettate 28; delle 138 presentate da donne, invece, 12 hanno passato la selezione finale. Il che si traduce in un tasso di successo dell’8% per i ricercatori e dell’8,7% per le ricercatrici.

Priyamvada Natarajan, fisica teorica dell’Università di Yale intervistata da The Atlantic al riguardo, si è detta sorpresa del risultato: “Pensavo ci sarebbe stato un cambiamento, ma non mi aspettavo una completa parità”. Natarajan ha poi spiegato che non è una novità che, anche in ambienti molto rigorosi, uomini e donne siano valutati in modo differente, e certo il programma Hubble non è diverso: “Sono fermamente convinta che i pregiudizi consci e inconsci siano entrambi molto attivi durante questi processi di selezione; non sono del tutto oggettivi”.

I dati relativi al nuovo sistema di selezione non sono ancora sufficienti per stabilire se i bias di genere fossero gli unici a rendere il processo fallato e, se sì, in che misura. I responsabili del STSI sono quindi intenzionati a proseguire su questa strada per capire come correggere questa tendenza.

Il pattern di disuguaglianze emerso dal programma Hubble, comunque, non è un caso isolato: per esempio, un’indagine del 2016 su oltre 13.000 richieste presentate all’Osservatorio Europeo Australe, che gestisce diversi telescopi a terra, ha rilevato che le donne avevano significativamente meno possibilità di ottenere l’assegnazione degli strumenti. Sempre nel 2016, un’altra analisi relativa alle domande presentate al National Radio Astronomy Observatory ha confermato gli stessi dati.

Anche se il nuovo processo di selezione messo in pratica dai responsabili di Hubble dovesse confermarsi il più adatto, però, per qualcuno potrebbe essere troppo tardi: dopo quasi tre decenni in orbita, infatti, la vita del telescopio è ormai alle fasi finali e non si sa per quanto tempo ancora riuscirà a funzionare. Anche per questo motivo è fondamentale che l’accesso a Hubble sia il più imparziale possibile, proprio ora che il tempo stringe.

Chiara Boni
Chiara Boni

Chiara Boni è Content Creator per Impactscool. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, è giornalista per la testata locale Pantheon Verona Network, per cui si occupa di intraprendenza femminile e attualità.

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