Cambiamento climatico e ambiente

L’estate del futuro: come la plastica sta cambiando il volto dei nostri oceani

27 July 2018 | Scritto da La redazione

Accanto ai cambiamenti climatici, l’inquinamento marino è una delle più gravi emergenze ambientali del nostro secolo: sono però tantissime le iniziative, a livello nazionale e globale, che stanno cercando di limitare uso e consumo della plastica per salvaguardare le acque terrestri.

Secondo uno studio di Legambiente, sulle nostre spiagge ci sono quattro rifiuti per ogni passo che facciamo: se avete sempre associato all’estate l’immagine di sabbia immacolata e acque cristalline, forse è il caso di rivedere le vostre aspettative. Ed è la plastica a riconfermarsi la regina indiscussa tra i materiali più trovati, con un percentuale dell’80%. Un dato che potrebbe non stupire se si pensa che uno studio pubblicato su Science Advance ha stimato che l’umanità abbia prodotto 8 miliardi e 300 milioni di tonnellate di plastica a partire dalla sua invenzione, negli anni Cinquanta. Sessant’anni di produzione continua, ma anche di un uso scorretto del materiale: dell’ammontare di plastica prodotta in tutti questi anni, infatti, 2 miliardi di tonnellate sono ancora utilizzate, mentre 6,3 miliardi di tonnellate sono già diventate rifiuto, secondo i ricercatori della University of Georgia, della University of California e della Santa Barbara and Sea Education Association. E di queste, solo una porzione minima è stato riciclato (circa il 9%), mentre il 12% è stato incenerito e il 79%, il dato più tremendo, è finito nell’ambiente terrestre e marino.

Già lo scorso maggio la Commissione Europea era corsa ai ripari: per fronteggiare il costante aumento dei rifiuti di plastica negli oceani e nei mari, è stata proposta una legge per togliere dal commercio, entro il 2021, i 10 prodotti di plastica monouso ritenuti più inquinanti. Nel mirino sono finiti dunque piatti, bicchieri, cannucce e molti altri articoli che, insieme all’attrezzatura da pesca in plastica, compongono il 70% dei rifiuti marini. “La plastica è un materiale straordinario, che dobbiamo però usare in modo più responsabile.” – ha spiegato Jyrki Katainen, Vicepresidente responsabile per l’occupazione, la crescita, gli investimenti e la competitività dell’UE – “I prodotti di plastica monouso non sono una scelta intelligente né dal punto di vista economico né da quello ambientale, e le proposte presentate oggi aiuteranno le imprese e i consumatori a preferire alternative sostenibili.”

Secondo i dati della Commissione Europea, la proposta eviterà fino a 22 miliardi di euro di danni all’ambiente entro il 2030 e farà risparmiare complessivamente 6,5 miliardi di euro ai cittadini europei. La legge in questione dovrà essere prima approvata dal Parlamento Europeo e dai governi dei singoli stati nelle prossime elezioni, previste entro maggio 2019.

In Italia però c’è chi ha già raccolto il suggerimento e cerca di dare il buon esempio.

Contro il marine littering, ovvero la dispersione dei rifiuti che inquinano il mare, ha già preso posizione il sindaco delle Isole Tremiti, Antonio Fentini, che dal 1 maggio scorso ha vietato l’uso e la vendita di contenitori di plastica non biodegradabili: “Stiamo vedendo il nostro mare ucciso giorno dopo giorno dall’uomo e dai suoi rifiuti, e dovevamo fare qualcosa subito”, ha spiegato il primo cittadino, che ha deciso di intervenire dopo la pubblicazione di uno studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Genova in collaborazione con Greenpeace Italia che indica proprio le Tremiti come una delle zone con la più alta concentrazione di microplastiche.

E per fronteggiare l’emergenza, si sta già attrezzando anche la Regione Lazio, che di recente ha firmato un protocollo con Arpa e Corepla per il recupero e il riciclo delle plastiche in mare. “L’80% dei rifiuti nel mare è rappresentato da plastica. Per fortuna nel mondo ci sono già molte reazioni di associazioni e istituzioni che hanno aperto un fronte su questo tema, noi vorremmo essere la prima Regione italiana che, nel senso positivo del termine, istituzionalizza una forma permanente di reazione a un fenomeno molto grave basandola sull’idea di fare squadra”, ha spiegato Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio. Il progetto avrà la durata di un anno e sarà attivo su tutta la costa regionale: oltre alla  verifica e alla misurazione delle quantità e delle tipologie dei rifiuti recuperati, il protocollo permetterà la raccolta dei rifiuti da parte degli stessi operatori della pesca.

A favore di questa iniziativa si è schierata anche l’associazione ambientalista Legambiente, che ricorda come il problema dell’inquinamento marino riguardi da vicino l’Italia: “Il mare Mediterraneo, una delle aree più ricche di biodiversità al mondo, è infatti tra le sei zone di maggior accumulo di rifiuti galleggianti del Pianeta con evidenti rischi per l’ambiente, la salute e l’economia. E quello che vediamo galleggiare sulla superficie del mare e arenarsi sulle spiagge è, purtroppo, solo la punta dell’iceberg di un problema ben più complesso. Sono 8 milioni, infatti, le tonnellate di rifiuti che ogni anno finiscono nei mari e negli oceani del mondo. Parliamo di un camion al minuto, e di questi, almeno il 70% affonda”.

Legambiente ricorda anche che il marine littering ha conseguenze drammatiche non solo per l’ambiente in cui viviamo, ma anche per gli esseri viventi che vivono in contatto con l’ecosistema marino: l’ingestione dei rifiuti di plastica è stata documentata in oltre 180 specie marine. Secondo uno studio commissionato ad Arcadis dall’Unione europea, inoltre, il marine litter costa all’Europa 478 milioni di euro all’anno solo per i settori di turismo e pesca, mentre per pulire tutte le spiagge europee il costo stimato è di 412 milioni di euro.

Proprio con l’intento di contrastare attivamente l’inquinamento marino, Rossella Muroni, ambientalista e deputata di Liberi e Uguali, già presidente nazionale di Legambiente, ha depositato una proposta di legge per consentire ai pescherecci di raccogliere i rifiuti marini (l’Atto Camera 691): la proposta ha anche lo scopo di dichiarare la plastica abbandonata in mare un “rifiuto solido marino” per facilitarne lo smaltimento. “Ma per vincere davvero questa battaglia non basta solo raccogliere ciò che finisce su spiagge e fondali, bisogna prevenire la formazione dei rifiuti, riciclare meglio e di più, costruire buone pratiche.” – ha spiegato Muroni – “Serve un’alleanza tra politica, bravi amministratori, imprese virtuose, cittadini consapevoli e associazioni”.

La redazione
La redazione

leggi tutto