Pianeta Terra e Spazio

Linda Raimondo: missione spazio!

8 April 2019 | Scritto da Guido Casavecchia

Abbiamo intervistato la giovane studentessa e divulgatrice scientifica, già coinvolta in numerosi progetti internazionali.

Foto di Assunta Servello

 

Il cielo e le stelle affascinano da sempre l’uomo e il sogno di esplorare lo spazio accomuna molti giovanissimi di tutto il mondo. Grazie all’evoluzione tecnologica e al progresso scientifico sappiamo sempre più cose sull’universo e i suoi fenomeni, ma sono ancora moltissime le cose da studiare e scoprire e le domande che ancora non hanno risposta. Ne abbiamo parlato con Linda, giovane e intraprendente futura esploratrice dello Spazio che, in attesa di navigare a migliaia di chilometri dalla Terra, ne ha percorsi altrettanti in viaggi in giro per il mondo, conoscendo alcuni tra i migliori astronauti e studiando le tecnologie aerospaziali del domani.

Linda Raimondo, 19 anni, è una studentessa di Fisica dell’università di Torino. Vuole in ogni modo realizzare il suo sogno di diventare astronauta, bruciando le tappe: a 16 anni organizzava conferenze sull’astronomia e a 18 ha raccolto fondi online per lanciare una sonda poi presentata all’Agenzia spaziale italiana. È stata premiata dall’Agenzia spaziale europea, ESA, nel concorso “Space Exploration Master”, grazie al progetto di un modulo destinato al trasporto sulla Terra di campioni presi sulla Luna e sugli asteroidi. Avrà così la possibilità di sperimentare questo progetto presso il “Marshall Space Flight Center” della Nasa per un anno.
Nel 2017 l’ESA l’ha selezionata per un progetto di realizzazione di una base su Marte. Ha anche rappresentato l’Italia alla prima edizione del “Geospace Astronaut Training”, in Islanda. Da qualche mese è diventata il nuovo volto della divulgazione scientifica per ragazzi su RAI GULP, come consulente scientifica del programma “Missione Spazio”.

 

Partiamo dall’esperienza che ti ha portata a rappresentare l’Italia in Islanda, al “Geospace Astronaut Training”. Com’è andata?

Il Geospace Astronaut Training è stata un’esperienza bellissima, capitata un po’ a sorpresa. In un caldo pomeriggio di luglio ho ricevuto la proposta da parte di Orly – l’organizzatore dell’intero evento – per partecipare alla prima edizione di questo programma di addestramento. Diceva che si sarebbe trattato di un training nelle stesse zone in cui si addestrarono gli astronauti delle missioni Apollo prima di andare sulla Luna, tra cui anche Armstrong, Aldrin e Collins. Ovviamente ho subito accettato. Così, a metà settembre, mi sono ritrovata su un aereo e  sono atterrata a Reykjavík, accolta da un vento ghiacciato. Il giorno dopo ho conosciuto le mie compagne di equipaggio. Un team tutto al femminile, in contrapposizione agli equipaggi delle missioni Apollo, che erano invece composti da soli uomini. Abbiamo fatto delle lezioni di speleologia, vulcanologia, geologia e astrobiologia con i migliori professori dell’Università di Cambridge e di Husavik (la città islandese che ci ospitava). Siamo scese nelle cave sottoterra e abbiamo camminato tra i geyser di un vulcano. Abbiamo raccolto campioni di terreno per analizzarli in laboratorio e abbiamo assistito a conferenze. Il programma è durato solo 4 giorni, ma sono stati molto intensi. È stata un’esperienza davvero bella e istruttiva. Sono stata contenta anche del team di cui facevo parte. Abbiamo formato un bel gruppo e ancora oggi ci sentiamo, nonostante il fatto di vivere in parti del mondo diverse.

Con l’Agenzia spaziale europea (ESA) hai avuto modo di lavorare a una futura base su Marte. In cosa consiste il progetto?

Per l’Odysseus Space Contest abbiamo fatto un lavoro tecnico preciso. Partendo dai dati della NASA abbiamo individuato il luogo migliore in cui atterrare per costruire una base “marziana”, che possa essere quasi del tutto autosufficiente. Abbiamo proposto un modello in realtà virtuale della base e abbiamo provato a riprodurre in laboratorio la regolite marziana. È servito per capire, innanzitutto, se potesse essere possibile estrarre acqua da un campione di terreno marziano e poi per vedere se potesse essere il terreno idoneo per far crescere delle piante. Siamo riusciti a estrarre l’acqua, ma ci siamo accorti che non è possibile far crescere le piante usando solo ed esclusivamente terreno marziano. Per farle crescere bisogna mischiare la regolite marziana all’humus terrestre.

Facciamo un passo in dietro. Quando e come è nata la sua tua passione per le stelle?

Non so esattamente quando sia nata questa passione. Da che mi ricordi, ho sempre guardato le stelle fin da bambina. Andavo nel cortile di casa per poter osservare il cielo e quell’infinità di puntini luminosi che erano sopra la mia testa. È un qualcosa che mi ha sempre emozionato, ma non so il perché. A quattro anni ho cominciato a chiedere a mio padre di portarmi sulla Luna. Quando lui mi ha risposto che non mi ci poteva portare, io sono scoppiata a piangere. Con il passare del tempo la mia passione è aumentata sempre di più. Ho iniziato a partecipare più attivamente al mondo dell’astronomia e dell’astronautica, frequentando od organizzando eventi e conferenze. Studiando ho capito molto di più sui pianeti, sulle stelle, sulla loro nascita e vita. Dopo il liceo ho deciso di iscrivermi al corso di laurea in Fisica per poter conseguire, successivamente, una laurea in astrofisica.

A proposito di passione e di giovanissimi, oggi sei un volto noto della divulgazione scientifica per ragazzi grazie al programma che conduci su RAI GULP. Quali sono le conoscenze dei ragazzi e quali le corde giuste da toccare per farli appassionare ai temi scientifici?

La mia esperienza con i miei coetanei, che si parli di scienza o di spazio, è sempre molo positiva. Siamo una generazione curiosa e lo sono ancora di più i ragazzi che frequentano le scuole medie, ai quali si rivolgono i programmi di divulgazione scientifica di RAI GULP. Si pongono molte domande. Sono interessati a capire il funzionamento delle “macchine” spaziali, ma anche ad ascoltare la voce degli astronauti e dei ricercatori. Insomma: se si parla con passione e come persone realmente appassionate, non è difficile trovare il “tasto giusto” da schiacciare.

Come prevedi che evolveranno, nei prossimi anni, l’industria spaziale e lo studio dell’astronomia?

Si tratta sicuramente di un qualcosa che non posso prevedere con certezza. Quello che mi auguro, però, è che si continui sulla strada che in questi ultimi anni, più che mai, è stata intrapresa. Sto parlando della strada dell’esplorazione. Una strada non facile, ma che ci potrà portare molto lontano.

Perché dovremmo, quindi, continuare a esplorare lo spazio?

Beh, forse perché la futura miniera dell’umanità è proprio lì. Un giorno, probabilmente, le tecnologie astronautiche ci consentiranno di colonizzare la Luna o Marte e di sfruttarne le risorse minerarie. Un giorno gli asteroidi potrebbero fornirci materiali preziosi, utili per l’umanità della “vecchia” Terra, sovra-sfruttata in quest’era dell’Antropocene. Non bisogna porre dei limiti al possibile e nemmeno ai sogni. Lo spazio potrà dare nuove visioni al senso dell’esistenza dell’Uomo. Pensiamo a che cosa significherebbe, per l’umanità, scoprire l’esistenza di vita intelligente altrove. Sarebbe, come lo fu per l’astronomia, una rivoluzione copernicana.

Guido Casavecchia
Guido Casavecchia

Guido Casavecchia, 22 anni, attualmente iscritto al quarto anno di Giurisprudenza a Torino. Ha preso parte a summer law school e winter law school in storia e filosofia del diritto a Nizza e diritto costituzionale comparato ad Aosta.

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