Cambiamento climatico e ambiente

Polo Nord: il cambiamento climatico, la ritirata dei ghiacci e l’invasione delle alghe

15 May 2019 | Scritto da La redazione

Il complesso ecosistema artico si trova ad affrontare una nuova minaccia, causata dal riscaldamento globale, che potrebbe avere ripercussioni su tutta la catena alimentare.

La complessità di un sistema diventa palese quando la variazione, anche piccola, di un elemento ha conseguenze enormi e inaspettate. Quando poi queste variazioni sono ingenti, come nel caso della riduzione dei ghiacci al Polo Nord, i risultati possono essere preoccupanti. È quello che ha scoperto un gruppo di ricerca del Centro Europeo-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), il fitoplancton, un particolare tipo di microorganismo capace di fare la fotosintesi, perlopiù composto da alghe unicellulari, di fondamentale importanza per la vita sul nostro pianeta, è particolarmente sensibile alle modifiche dell’ambiente sottomarino del Polo Nord e la sua variazione potrebbe avere conseguenze su tutto l’ecosistema artico.

 

L’importanza delle cose piccole. Il mar Glaciale Artico rappresenta appena il 3% dell’oceano globale, ma è responsabile dell’assorbimento del 14% di carbonio dell’oceano globale. Questo lo rende un importante serbatoio per l’accumulo dell’anidride carbonica atmosferica. Negli ultimi decenni il ghiaccio marino nell’Artico si è drasticamente ridotto, causando possibili alterazioni del ciclo del carbonio e conseguenze ancora in gran parte sconosciute. Le variazioni previste di neve e ghiaccio marino possano influenzare la produzione delle alghe che popolano la zona che si trova in prossimità del ghiaccio marino.
La riduzione del ghiaccio marino nell’Artico, causata dai cambiamenti climatici in corso, porta ad una modifica dell’habitat di proliferazione del fitoplancton, che nella catena alimentare polare è la prima fonte di nutrimento che va da piccolissimi microorganismi che ci cibano di queste alghe fino ad arrivare ai più grandi predatori artici,orsi polari e balene in primo luogo. Questi organismi di piccolissime dimensioni, nemmeno visibili a occhio nudo, rivestono un ruolo cruciale nella vita degli oceani, e in generale per la vita sulla Terra, dal momento che producono la metà dell’ossigeno totale del pianeta. Senza di loro, i livelli di anidride carbonica in atmosfera sarebbero più del doppio di quelli attuali.

 

Cambia il clima, cambia l’habitat. Una particolare specie di fitoplancton che prolifera durante la primavera artica è la principale forma di nutrimento durante quel periodo in cui altre specie di fitoplancton oceanico tardano a diffondersi, anticipando gli altri organismi del fitoplancton ed estendendo quindi la stagione di produzione primaria in questa regione. Quando ancora non c’è abbastanza luce perché il fitoplancton possa crescere negli oceani, la popolazione di alghe residenti sul ghiaccio marino rappresenta quindi l’unica fonte di cibo per il resto della catena alimentare di tutto il mar Glaciale Artico.
“Alle basse latitudini – spiega Enrico Scoccimarro, senior researcher della Fondazione CMCC – domina la riduzione dello spessore di neve nel fornire più luce e favorire la crescita delle alghe; alle medie latitudini la variazione in termini di produzione primaria è negativa ma non pronunciata, perché viene anticipato sia il periodo di crescita che il periodo di scioglimento del ghiaccio; alle alte latitudini, oltre i 74°N, domina lo spostamento della crescita algale dall’autunno verso l’estate, un periodo più favorevole in termini di luce disponibile. Questo comporta un aumento significativo della produzione primaria a queste latitudini. In generale ci aspettiamo un aumento della produzione primaria relativa alle alghe che si sviluppano sul ghiaccio marino di circa il 50% alla fine del secolo rispetto al recente passato.”

 

Conseguenze inaspettate. La diminuzione del ghiaccio marino artico, quindi, modifica in maniera importante la reperibilità di cibo stagionale per organismi che si affidano ai fitoplancton per sopravvivere, ciò potrebbe avere impatti imprevedibili sull’intera catena alimentare artica, che offre poche alternative e segue percorsi relativamente lineari. Una variazione alla base di questa rete alimentare, scarsamente diversificata e determinata a livello stagionale da limitate quantità di energia potrebbe avere conseguenze che arrivano fino agli animali in cima alla catena alimentare.

La redazione
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