Cambiamento climatico e ambiente

Riciclare è un dovere (e funziona). Ma consumare meno è meglio!

4 October 2018 | Scritto da Stefano Tenedini

Fare la raccolta differenziata potrebbe essere addirittura controproducente? Sì, se ci illude di poter continuare a sprecare risorse. Eppure si parte da qui per cambiare approccio ai consumi sostenibili: anche con iniziative creative per lanciare un trend.

Il sacchettino biodegradabile con l’umido, il sacchettone della carta, una borsa intera con i contenitori della plastica, le bottiglie di vetro… dopo la “gita” quotidiana ai cassonetti per la raccolta rigorosamente differenziata dei rifiuti – e guai a chi non la fa! – ci sentiamo tutti bravi e responsabili nei confronti del pianeta. Invece qualcosa da rimproverarci l’abbiamo anche noi, alfieri della sostenibilità. Perché riciclare va bene, per carità, ma non è la scelta migliore, anzi: potrebbe perfino involontariamente contribuire a peggiorare le cose.

Il gesto semplice e coscienzioso di dividere i rifiuti, favorirne il riutilizzo e ridurre l’impatto sull’ecosistema induce un cortocircuito comportamentale: se smaltisco “bene” la plastica posso continuare a comprarla… ma qualcuno dovrà produrla, usando altro petrolio, altra energia, emettendo altro CO2 per trasportare imballaggi. È un circolo vizioso che in futuro dovremo interrompere: non solo riciclare risorse, ma smettere proprio di usarle.  Facile a dirsi, ma per adesso difficilissimo da mettere in pratica e anche solo da immaginare.

Come sempre quando si guarda a un futuro che nei fatti è già iniziato, occorre modificare l’atteggiamento nei confronti delle risorse, scegliendo non solo di riciclare ma di riutilizzare per consumare meno, scegliendo via via materiali sempre meno impattanti e più durevoli (il vetro e la carta sono gli esempi migliori). Ridurre il packaging al minimo, attenersi alla stagionalità dei prodotti alimentari, limitare i lunghi trasferimenti di merci… Tutte scelte che oggi sono considerate utopie, ma che in futuro dovranno diventare abituali.

Nel frattempo è necessario dare dei segnali forti per favorire questo cambio di mentalità, e meglio ancora se lo fanno i grandi brand, in grado di lanciare una tendenza positiva. Ikea ha annunciato che tutti i prodotti di plastica usa e getta saranno ritirati dal 2020, sull’onda della decisione adottata dalla UE di mettere al bando la plastica monouso entro il 2019. L’iniziativa anticipa la volontà di aderire ai principi dell’economia circolare, con l’obiettivo di utilizzare entro il 2030 solo materiali riciclati o potenzialmente riciclabili e di ridurre del 70% in una decina di anni l’impatto dei prodotti sul clima.

Intanto in Italia si sta diffondendo l’opportunità (abituale nel Nord Europa) di restituire le bottiglie di plastica direttamente ai supermercati. Basta inserirle negli eco-compattatori per ricevere in cambio una piccola somma in buoni sconto (un euro ogni tre bottiglie) da spendere alle casse. Alcune catene della grande distribuzione hanno colto l’occasione di premiare i consumatori più sensibili e fidelizzarli al loro brand. L’operazione è partita in sordina ma si sta diffondendo in fretta, anche perché è stato calcolato che in questo modo una famiglia media potrebbe ricavare fino a 600 euro l’anno.

Sempre a proposito di riciclo virtuoso va segnalata l’iniziativa di Ichnusa, storica birra della tradizione sarda, che ha lanciato l’iniziativa “Vuoto a buon rendere”. L’ambizioso obiettivo è ridurre sensibilmente le emissioni di gas serra e i consumi di energia. Contrassegnate da un evocativo tappo verde, le bottiglie avranno una vita utile di 20 anni. Gli ulteriori effetti positivi (la sostenibilità NON è un costo!) sono gli investimenti in tecnologie e un aumento dell’occupazione stimato tra il 10 e il 15% dell’attuale forza lavoro impiegata nel birrificio.

Uno spiraglio anche nell’abbigliamento, tra le industrie più inquinanti per l’uso di acqua, energia e agenti chimici, oltre che tra le produzioni meno rispettose dei diritti umani. Per ridurre lo spreco la start up italiana Paguro Jeans (animale simbolo del riuso creativo e del riciclo, che cambia casa-conchiglia mentre cresce) ha creato una linea di tessuto in cotone riciclato al 40%, che usa il 60% in meno di acqua e il 40% in meno di energia. La filiera di produzione inoltre valorizza la tecnologia digitale e occupa persone in difficoltà sociale.

Stefano Tenedini
Stefano Tenedini

Contributor

Giornalista e inviato per quotidiani e periodici, esperienze di ufficio stampa e relazioni esterne nella finanza e in Confindustria. Oggi si occupa di comunicazione per grandi e piccole imprese, professionisti e start-up.

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