Realtà Virtuale e Aumentata

Affrontare l’anoressia con la realtà virtuale

13 February 2020 | Scritto da La redazione

L’uso di avatar per studiare i comportamenti emotivi alla base del disturbo

Ogni anno su 100mila persone 8-9 vengono colpite dal disturbo dell’Anoressia nervosa (AN), di queste almeno una si porterà dietro la malattia per il resto della vita. Si tratta un’alterazione della nutrizione e dell’alimentazione caratterizzato dalla restrizione volontaria dell’assunzione di cibo, un disturbo psichiatrico grave. La propria immagine fisica viene percepita in maniera distorta, esagerata e porta chi ne soffre a gravi complicazioni che possono portare anche alla morte. È proprio questa la chiave che i ricercatori dei Dipartimenti di Psicologia e dei Processi di sviluppo e socializzazione della Sapienza di Roma e del Laboratorio di Neuroscienze sociali della Fondazione Santa Lucia IRCCS hanno provato a sfruttare, modificare la percezione di sé, e per farlo hanno usato la realtà virtuale.

 

Lo studio ha combinato la realtà virtuale con l’illusione di embodiment, un paradigma molto noto delle neuroscienze cognitive e sociali che permette di indurre nei partecipanti l’illusione di possedere un corpo diverso da quello reale, attraverso una stimolazione visuo-tattile sincronizzata. L’obiettivo è proprio quello di indagare le singole componenti alla base della distorsione dell’immagine corporea nell’Anoressia Nervosa.

Per le partecipanti allo studio sono stati ricreati tre avatar tridimensionali: uno che riproduceva fedelmente la forma e le dimensioni del corpo della persona, uno che ne rappresentava una versione dimagrita e uno ingrassata. Tramite visori VR e tecniche di embodiment il cervello delle donne è stato imbrogliato nel credere che quel corpo, modificato, fosse il loro. La ricerca ha innanzitutto verificato gli aspetti percettivi, cognitivi ed emotivi che accompagnano la distorsione dell’immagine corporea nell’Anoressia Nervosa: nell’incorporare virtualmente l’immagine “ingrassata”, le pazienti affette dal disturbo mostravano un vissuto di marcato disagio.

 

I risultati mettono innanzitutto in luce l’importanza di focalizzare l’attenzione sugli aspetti cognitivi ed emotivi del disturbo di rappresentazione corporea – ha spiegato Ilaria Bufalari, coordinatrice dello studio – ma il salto possibile è quello verso l’utilizzo di questo strumento nei futuri approcci terapeutici e di ricerca: abituando le pazienti a un’immagine del corpo sana, rappresentata attraverso la realtà virtuale in un setting completamente controllato, è pensabile favorire l’interiorizzazione di un corpo normopeso e la riduzione dello stress emotivo legato all’aumento ponderale. Passaggi fondamentali nel processo terapeutico di guarigione dalla patologia”.

Questo studio ha avuto uno scopo esplorativo, per capire se un approccio del genere in futuro possa venire sviluppato in una vera e propria terapia, cosa possibile visti i risultati incoraggianti.

La redazione
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