Robotica e AI

Imparare divertendosi: con la robotica si può

30 November 2018 | Scritto da La redazione

A Futureland abbiamo intervistato Valeria Cagnina e Francesco Baldassarre, (giovanissimi) imprenditori nel settore Education

La robotica avrà un impatto sempre maggiore nelle nostre vite: dal mondo del lavoro al settore medico, sono moltissime le applicazioni di questa tecnologia che avranno degli impatti diretti nella nostra vita e nella società.
Dal 16 al 25 novembre si è svolta la Settimana europea della robotica, occasione per puntare i riflettori su questa tecnologia e avvicinare bambini e ragazzi, ma anche gli adulti, ai suoi utilizzi e al suo sviluppo. Ma c’è chi si dedica a questi temi tutto l’anno come Valeria Cagnina e Francesco Baldassarre, 17 e 25 anni, che sono riusciti a trasformare la loro passione per la robotica in un lavoro, che ha un impatto positivo sulla vita di molte persone, giovanissimi ma non solo.

Li abbiamo incontrati a Talent Garden Calabiana, a Milano, durante Futureland e li abbiamo intervistati.

 

Valeria, sei giovanissima. Come ti sei avvicinata alla robotica?

V: Mi sono appassionata alla robotica da piccola, a 11 anni ho costruito il mio primo robot e negli anni ho accumulato una serie di esperienze che mi hanno portato a parlare ad un TEDx a 14 anni e ad andare, un anno più tardi, al MIT di Boston, al Dipartimento di Robotica, all’interno della classe Duckietown in veste di senior tester: qui, in particolare, avevo il compito di semplificare tutorial universitari, per renderli fattibili anche a ragazzi delle scuole superiori.

È stata questa la miccia che ti ha fatto appassionare alla robotica educativa?

V: Stando a Boston per un’intera estate ho scoperto che l’educazione può essere divertente, che si può imparare giocando, e così ho voluto portare questa cosa anche in Italia. Ho iniziato facendo semplici lezioni e a 16 anni ho fondato la mia azienda di robotica educativa. Le richieste sono state davvero molte e quindi ho lanciato una Call 4 teacher: oggi abbiamo una decina di insegnanti e, soprattutto, ho un socio, Francesco, con cui vado a fare attività in ogni parte del mondo.

Con chi lavorate?

V: Lavoriamo con bambini e ragazzi di tutte le fasce di età, a partire dai 3 anni, ma anche con gli adulti: abbiamo realizzato incontri ed eventi per i più giovani, corsi certificati dal Miur e team building aziendali anche con multinazionali. L’obiettivo è quello di trasmettere hard e soft skills attraverso il gioco e il divertimento.

Francesco, qual è la reazione dei ragazzi con cui lavorate?

F: Quando facciamo speech motivazionali la prima reazione è di stupore, perché noi raccontiamo le nostre storie che sono così diverse ma allo stesso tempo uguali. Quella di Valeria, come vi ha appena raccontato, è unica nel suo genere, mentre io rappresento più la normalità: ho fatto un percorso di studi simile a quello di molti altri e, nonostante questo, io e Valeria ci siamo trovati. La mia passione e la mia voglia di arrivare sempre più in là mi hanno portato a fondare un’azienda di robotica a soli 25 anni.
Per tornare alla domanda, l’impatto con i ragazzi è sempre molto positivo. Mentre è un po’ più complicato, almeno inizialmente, con i manager aziendali.

Perché?

F: Credo sia una questione legata all’età. Vedono un ragazzo di 25 anni e una ragazza di 17 che cercano di insegnare loro qualcosa. In realtà dopo pochi minuti capiscono il valore di quello che facciamo: per esempio noi facciamo sempre lezione senza scarpe e seduti per terra ed è davvero bello vedere che questi manager, in giacca e cravatta, in poco tempo si lasciano coinvolgere e comprendono la nostra mission.

Torniamo da Valeria. Tu hai 17 anni e, dunque, sei ancora in un’età i cui si va a scuola. Come sta cambiando, se sta cambiando, la scuola in Italia?

V: Per la mia esperienza, purtroppo, la scuola in Italia, o almeno quella pubblica e tradizionale, non sta cambiando come dovrebbe. Nella maggior parte degli istituti non sono ancora entrati gli insegnamenti di materie come robotica e coding, perché c’è la convinzione che non servano. Con i nostri corsi stiamo contribuendo a portare un cambiamento e proviamo a far comprendere come queste discipline possano essere applicate a moltissime materie, anche se apparentemente appartengono a mondi diversi.
Io ho avuto sempre un rapporto difficile con la scuola, l’ho frequentata normalmente fino alla quarta superiore ma poi non riuscivo più a conciliare gli impegni scolastici con quelli della mia azienda, nonostante i buoni voti. Così darò la maturità da privatista. 
In generale mi sento di dire che la scuola dovrebbe favorire lo sviluppo e l’espressione delle passioni degli studenti e capire che il divertimento può essere la chiave per permettere ai ragazzi di imparare più in fretta e meglio.

Francesco, quali sono le skills che i ragazzi dovrebbero sviluppare già a scuola e che saranno fondamentali per il futuro del lavoro?

F: Non c’è un pacchetto di skills preconfezionato, noi cerchiamo di formare le persone a 360°, affiancando alle competenze tecniche anche delle attitudini legate alla vita di tutti i giorni: il mondo cambia continuamente, servono flessibilità e spirito di adattamento. Bisogna quindi avere una serie di soft skills che nessuno insegna ma che sono fondamentali: leadership, problem solving, team working, pensiero laterale, tutta una serie di capacità che nel mondo dell’educazione non vengono prese in considerazione come dovrebbero. Il mondo delle aziende è diverso rispetto a quello della scuola, è il mondo “vero”, in cui una persona deve avere una mente aperta per essere in grado di reagire ai cambiamenti, tecnologici e non solo.

La redazione
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