Scienza e Medicina

Nanomateriali ceramici per la medicina rigenerativa: la natura ispira la rigenerazione ossea

28 April 2021 | Scritto da Tech4Future.info

Biomimesi e ricerca avanzata - focalizzata su materiali ceramici - rappresentano le nuove frontiere della medicina rigenerativa. Ecco quali sono i principali filoni di studio.

A cura di Andrea Ballocchi

Ispirarsi alla natura per mettere a punto nanomateriali ceramici per la medicina rigenerativa. Da qui partono la storia della ricerca e le prospettive aperte dall’Istituto di Scienza e Tecnologia dei Materiali Ceramici (ISTEC), parte del CNR, che si propone come avanguardia a livello mondiale per la messa a punto di soluzioni innovative.

Una di queste è la trasformazione del legno in un particolare materiale ceramico. La possibilità di rigenerare le ossa parte da un particolare filone di studio che ha al centro l’idrossiapatite biomimetica per realizzare tessuti connettivi duri, ma vivi, e che vede il centro di ricerca italiano protagonista a livello internazionale.

Sede dell’Istituto è Faenza, storicamente nota per la produzione di ceramica artistica, tanto da ospitare il più importante museo al mondo. La maiolica (tipo di produzione ceramica dipinta) è conosciuta nel mondo col termine “Faience” da cui deriva il nome della città.

Ma ceramica significa anche “innovazione spinta”: dalle missioni spaziali all’elettronica, questo materiale inorganico ha molteplici usi. Anche nelle nostre ossa: esse, infatti, sono costituite per il 70% da un particolare materiale ceramico. Da qui parte la ricerca di ISTEC-CNR, alla scoperta dell’infinitamente piccolo, per parti macroscopiche a favore della medicina rigenerativa.

 

Nanomateriali ceramici per la medicina rigenerativa: da dove parte la ricerca. Prima di parlare però di nanomateriali ceramici per la medicina rigenerativa è bene dire quanto sia ampio il campo dei materiali ceramici. Essi rappresentano la terza categoria di materiali più ampia in assoluto, insieme ai metalli e ai polimeri, sorta di terzo polo di tutti i materiali esistenti, che ha quali caratteristiche peculiari doti importanti di isolamento termico, durezza, resistenza ed inerzia chimica, per cui è particolarmente apprezzata in aerospazio ed in edilizia.

La ricerca dell’Istututo si è focalizzata nel loro impiego per rigenerare tessuti danneggiati, tra questi i tessuti ossei. Le nostre ossa sono costituite per il 70% da un particolare minerale, l’idrossiapatite.

L’approccio dell’Istituto è quello di impiegare questo e altri materiali per rigenerare tessuti partendo dalla necessità che essi abbiano caratteristiche quanto più simili possibili al tessuto ospite. Così le cellule non solo non li rifiutano, ma li possono processare e metabolizzare – spiega Simone Sprio, Responsabile Scientifico della linea di ricerca Bioceramici per la medicina rigenerativa – È un obiettivo molto difficile da ottenere perché le ossa, tra i vari tessuti, sono particolarmente complesse a livello chimico, morfologico e meccanico. Le cellule hanno pseudopodi che aderiscono al corpo estraneo. Se la consistenza chimica non è adeguata, esse non attecchiscono”.

Tra l’altro, l’idrossiapatite presente nelle ossa è profondamente diversa da quella diffusa in natura. Nel tessuto osseo si presenta come un materiale nano cristallino reattivo e ideale per i bio-dispositivi destinati alla rigenerazione ossea. Ulteriore complessità è legata al fatto che questo materiale deve essere strutturato come oggetto solido, così da essere inserito come tessuto osseo e fornire sostegno.

Per questo, a tutt’oggi, malgrado ci siano moltissime impalcature ossee di idrossiapatite tollerate dall’organismo, spesso non sono metabolizzate.

 

Nanomateriali per la rigenerazione ossea: nasce il materiale bio-ibrido. Le ossa sono formate da fibre collagene, attorno alle quali sono organizzati i minerali, costituendo un’impalcatura organica per la formazione dei cristalli, composti come detto da idrossiapatite.

I ricercatori hanno quindi riprodotto in laboratorio questo processo, adottando un particolare tipo di collagene e scoprendo che in presenza di variazioni di pH si assembla, mentre in presenza di ioni calcio fosfati si mineralizza. Così è stato creato un materiale bio-ibrido, contenente una parte organica e una inorganica, da cui si è ottenuto un impianto per la rigenerazione ossea e in particolare per quella osteo-cartilaginea delle articolazioni.

Siamo riusciti a modulare il processo per ottenere dei materiali mineralizzati a gradiente, ovvero una parte mineralizzata che mima l’osso e un’altra che imita la cartilagine” specifica ancora Sprio.

La scoperta è particolarmente preziosa perché grazie a essi si può prevenire il ricorso alla protesi. È particolarmente preziosa nei casi di lesione della superficie articolare, che rappresentano una condizione clinica molto diffusa, diagnosticata frequentemente anche in soggetti di giovane età. Se trascurate, degenerano in forme croniche invalidanti ad elevato impatto sociale e rendono necessari trattamenti invasivi per il paziente.

La messa a punto del device è stata coordinata da Anna Tampieri e Monica Sandri (rispettivamente direttore ISTEC-CNR e primo ricercatore) e fatta in collaborazione con l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna.

Questa nuova soluzione viene impiegata per lesioni osteocartilaginee di dimensioni limitate, inserita nell’osso già esistente. Ma la ricerca prosegue: in tema di nanomateriali ceramici per la medicina rigenerativa, i ricercatori stanno lavorando a nuove soluzioni in grado di realizzare impianti osteocondrali dotati di maggiore resistenza meccanica e in grado di applicarsi in regioni più ampie.

L’obiettivo è sostituire completamente le protesi metalliche, potendo rigenerare completamente un condilo, ottenendo una qualità di vita decisamente maggiore, diminuendo le spese per le strutture sanitarie.

 

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