Spazio

Il futuro dell’esplorazione spaziale è in 3D

8 April 2021 | Scritto da Alberto Laratro

La NASA ha finanziato 36 progetti di stampa 3D applicati allo spazio

Andare nello spazio, da un certo punto di vista, è come andare a fare un lungo campeggio in mezzo alla natura: bisogna portarsi dietro tutto il necessario, non è possibile tornare indietro per recuperare il fornello a gas dimenticato o la tenda. Quando si va nello spazio questo è ancora più vero, letteralmente tutto va portato in orbita, dall’ossigeno al cibo, passando, chiaramente, per tutti gli strumenti, gli attrezzi e le parti di ricambio che possono servire durante una missione.

Oggi la NASA ne invia circa 3 tonnellate l’anno verso la Stazione Spaziale Internazionale, garantendo un rifornimento costante, ma per le future missioni spaziali verso destinazioni ben più lontane dell’orbita bassa sarà impossibile fare affidamento su un flusso costante di materiali e bisognerà caricare tutto a bordo della capsula spaziale. Per alleggerire i carichi la NASA da diversi anni sta puntando alla stampa 3D come strumento per creare gli strumenti necessari direttamente in orbita: serve una chiave inglese particolare? Anziché spedirla con il prossimo rifornimento si può inviare immediatamente come un file e la stampante 3D di bordo provvederà a crearlo a partire da materiali base.

La stampa 3D sta trovando sempre più applicazioni nell’esplorazione spaziale e la NASA ha appena finanziato 36 progetti per un totale di 45 milioni di dollari per trovare applicazioni innovative di questa tecnologia. Non solo strumenti e parti di ricambio, ma veri e proprie iniziative rivoluzionarie che coinvolgono ogni aspetto della presenza dell’uomo nello spazio. Ecco le più interessanti.

 

Basi lunari fatte di polvere lunare. Il Massachusetts Institute of Technology (MIT) sta sperimentando metodi per fondere la regolite lunare, la polvere che ricopre il nostro satellite, per creare un materiale utilizzabile per costruire infrastrutture utili per le future attività umane sulla superficie. Fra gli obiettivi del progetto anche quello di creare una sorta di vetro lunare, utile per la costruzione delle basi.

 

Acciaieria nello spazio. La stampa 3D è applicabile non solo a materiali plastici ma anche a metalli. CisLunar Industries è una startup che punta a utilizzare il metallo recuperato da detriti spaziali all’interno di fonderie orbitanti per creare materiali da costruzione come sbarre o lingotti di metallo. Se il progetto andasse in porto sarebbe possibile costruire direttamente in orbita infrastrutture e veicoli spaziali.

 

Sensori 3D. Nanovox ha ricevuto ben due finanziamenti, uno è per la stampa 3D multi-materiale di sensori wireless integrati nella piattaforma utilizzati nelle applicazioni spaziali. La seconda sovvenzione si concentrerà sulle tecnologie per consentire la riduzione dei costi e dei programmi per i sistemi ottici in CubeSats.

 

Scudi termici stampati. Qualsiasi missione spaziale che intenda ritornare sulla Terra deve fare i conti con l’atmosfera. Alla velocità di decine di migliaia di km/h l’attrito con l’aria arriva a genere temperature elevatissime che solo uno scudo termico in grado di dissipare il calore è in grado di gestire. Si tratta di una parte tanto fondamentale quanto pesante di una missione spaziale. Per provare a trovare una soluzione alternativa Mainstream Engineering Corporation, in collaborazione con il Politecnico della Virginia, sta prendendo in considerazione la stampa 3D per creare uno scudo termico a partire da materiali raccolti in situ durante le missioni spaziali. Un approccio di questo tipo permetterà di abbassare i costi delle missioni e allo stesso tempo di migliorare le performance delle future missioni verso la Luna e Marte.

Alberto Laratro
Alberto Laratro

Laureato in Scienze della Comunicazione e con un Master in Comunicazione della Scienza preso presso la SISSA di Trieste ha capito che nella sua vita scienza e comunicazione sono due punti fermi.

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