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Breakthrough Prize: è vera gloria?

3 September 2019 | Scritto da Matteo Serra

Il premio, messo in palio dal miliardario russo-israeliano Yuri Milner assieme a Mark Zuckerberg e Sergey Brin, viene spesso paragonato al Nobel, ma è giusto fare delle distinzioni.

All’inizio del mese di agosto, i media nazionali hanno dato un certo risalto a quella che è indubbiamente una bella notizia: uno scienziato italiano, il fisico teorico Sergio Ferrara, si è aggiudicato uno dei “Breakthrough Prizes”, riconoscimenti molto ricchi messi in palio dal miliardario russo-israeliano Yuri Milner – con l’onerosa collaborazione, tra gli altri, di Mark Zuckerberg, patron di Facebook, e Sergey Brin, fondatore di Google – e destinati a premiare scienziati di punta in fisica, matematica e scienze della vita. Il fisico italiano è stato premiato insieme ai colleghi Daniel Freedman e Peter van Nieuwenhuizen (ciascuno dei tre ha ricevuto un milione di dollari) per aver ideato una teoria fisica detta “supergravità”, un modello teorico molto elegante e promettente, ma privo ancora di una conferma sperimentale. Alcune testate hanno dato particolare enfasi a questo successo, paragonandolo al prestigio di un premio Nobel. Ma è davvero così, o è il caso di andarci piano?

 

Facciamo prima un po’ di ordine. Nel 2012 Yuri Milner, imprenditore russo capace di accumulare un’autentica fortuna grazie a fortunati investimenti nel settore dell’informatica, decise di destinare una parte del suo patrimonio all’istituzione di un premio per ricercatori che si fossero distinti nel settore della fisica fondamentale: una scelta, quest’ultima, non casuale, dal momento che Milner in gioventù ha studiato fisica teorica, laureandosi all’Università di Mosca nel 1985. Il progetto del magnate russo si è poi allargato, coinvolgendo anche altri finanziatori tra cui Zuckerberg e Brin, e negli anni successivi ha portato all’istituzione di premi anche per la matematica e le scienze della vita.

 

Un altro Nobel? Ma quali sono le caratteristiche di questi riconoscimenti, e quali le differenze (e le analogie) con il Nobel? Come i premi assegnati a Stoccolma, anche i Breakthrough Prizes hanno cadenza annuale, per tutte e tre le categorie (pur ammettendo anche riconoscimenti speciali). Le analogie, però, finiscono qui. Una prima differenza importante rispetto ai Nobel è nel numero di premiati: a Stoccolma non possono essere più di tre per categoria, mentre per i “Breakthrough” non esiste alcun limite (tanto che in passato sono stati assegnati premi destinati a intere collaborazioni internazionali, come ad esempio quella composta dagli oltre mille ricercatori degli esperimenti LIGO e Virgo, autori della scoperta delle onde gravitazionali). La differenza più sostanziale, però, è un’altra: anche quando vengono assegnati a scienziati teorici, i Nobel premiano solo teorie che abbiano superato, al di là di ogni ragionevole dubbio, il vaglio della conferma sperimentale (per esempio Peter Higgs, il “padre” del famoso bosone teorizzato negli anni ’60 dello scorso secolo, è stato premiato solo nel 2014, due anni dopo la scoperta del bosone).

Tutt’altra storia invece per i premi di Yuri Milner: fin dalle prime edizioni la filosofia dei Breakthrough Prizes è stata infatti quella di premiare anche scienziati (in particolare fisici) autori di teorie non verificate sperimentalmente. Nel corso degli anni, ad esempio, hanno ricevuto il ricco assegno numerosi scienziati che hanno contribuito allo sviluppo della teoria delle stringhe, un modello teorico che dovrebbe coniugare la relatività generale di Einstein e la meccanica quantistica, ma la cui conferma sperimentale è decisamente irrealistica. E anche i riconoscimenti assegnati quest’anno premiano una teoria che si basa su un modello, la cosiddetta “supersimmetria”, che prevede l’esistenza di particelle finora mai osservate, nonostante i molti tentativi portati avanti soprattutto negli esperimenti dell’acceleratore LHC al CERN di Ginevra.

 

Le voci critiche. Come già negli anni passati, non sono mancate voci critiche nei confronti della scelta del comitato dei Breakthrough Prizes. Tra queste quella di Sabine Hossenfelder, fisica teorica tedesca molto attiva nella divulgazione scientifica grazie soprattutto al suo blog Backreaction, molto seguito nel settore, e autrice recentemente di un libro pungente dal titolo “Lost in math”, che prende di mira (guarda caso) la tendenza di molti fisici teorici a inseguire, nei loro modelli, più la soddisfazione di canoni estetici che una concreta attinenza con la realtà. Sui premi assegnati per la supergravità, Hossenfelder ha sottolineato, con un po’ di malizia, che il premio sarebbe dovuto rientrare nella categoria della matematica, non della fisica, visto che la teoria in questione non descrive il mondo reale.

Detto ciò, intendiamoci: i fisici premiati, compreso il nostro Ferrara, non sono certo gli ultimi arrivati. Si tratta di scienziati di alto livello che hanno dato contributi importanti allo sviluppo della fisica teorica moderna. E oltre a questo, Yuri Milner e i suoi facoltosi compagni d’avventura hanno naturalmente tutto il diritto di assegnare i premi, con i loro soldi, a chiunque ritengano meritevole.

Tuttavia, alla luce delle sostanziali differenze che abbiamo sottolineato, sarebbe forse opportuno evitare paragoni con i premi Nobel: riconoscimenti che saranno forse un po’ superati, e che ogni tanto si prestano anch’essi a qualche controversia (ma sarebbe impossibile il contrario, siamo esseri umani), ma il cui prestigio e autorevolezza restano senza dubbio ancora inavvicinabili.

Matteo Serra
Matteo Serra

Matteo Serra è fisico e comunicatore della scienza. Lavora alla Fondazione Bruno Kessler di Trento, dove è responsabile del progetto di comunicazione “Cittadini per la scienza”. Scrive di scienza (soprattutto di fisica) per “Le Scienze”, “la Repubblica”, “PLaNCK!”, “FBK Magazine” e altre testate nazionali.

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