20 minuti dal futuro

Un respiro verso il futuro

24 April 2020 | Scritto da La redazione

Undicesima puntata di 20 minuti dal futuro con Francesco Morace, sociologo, saggista e presidente di Future Concept Lab

Da quando i primi ominidi hanno capito che usando una pietra potevano amplificare le proprie capacità, la tecnologia ci ha accompagnati nel nostro lungo viaggio, modificandoci durante il percorso (e lasciandosi modificare da noi). Comprendere lo stretto rapporto che abbiamo con gli strumenti che utilizziamo è fondamentale per guidare il futuro delle nuove tecnologie e quindi il nostro. Per capire come questo rapporto si sta sviluppando Cristina Pozzi, CEO di Impactscool, ha intervistato, nel nostro format in diretta “20 minuti dal futuro”, Francesco Morace, sociologo, saggista, fondatore e presidente di Future Concept Lab.

 

Una questione di respiro. In apertura dell’intervista Cristina ha introdotto l’argomento di discussione facendo riferimento a un post pubblicato su Facebook da Morace che è stato un piccolo caso di viralità, sottolineando il peculiare gioco di specchi a cui stiamo assistendo durante questa emergenza sanitaria. Un contrappasso dantesco che ci fornisce chiavi di lettura per lo scenario attuale:

Lo abbiamo definito il Virus del Contrappasso. Esalta la verità dei numeri smentendo la girandola delle opinioni. Restituisce il tempo sacrificato ma riduce lo spazio in cui poterlo vivere. Vanifica le frontiere dimostrando che gli stranieri siamo noi. Potenzia l’invisibile nell’era della visibilità. Minaccia il respiro migliorando la qualità dell’aria. Costringe a casa le famiglie riconsegnando ai genitori il ruolo di educatori. Vendica il mondo animale imponendo l’inaspettato. Ridicolizza l’opinione del popolo valorizzando la competenza degli esperti. Colpisce i nonni per la disperazione dei nipoti. Radicalizza i sentimenti facendo emergere gli “affetti” collaterali. Penalizza il contatto fisico dimostrandone l’insostituibilità. Elimina gli eccessi dando forza all’essenziale. Favorisce lo smartworking recuperando il ruolo delle relazioni. Elimina gli alibi maschili dimostrando la superiore forza del femminile. Isola le persone indicando il bisogno di reciprocità. Smantella il sovranismo alimentando la coscienza planetaria. Non credo al castigo biblico ma Dante era un genio.

Questo breve componimento è solo un assaggio del pensiero di Morace che l’ha espresso in maniera più articolata nel suo ultimo libro intitolato “Il bello del mondo: battiti localiper un respiro globale”. Il sottotitolo è un’accattivante “interiezione fra la dimensione del respiro che è quella che viene poi attaccata dal virus e l’idea invece che il locale continua a vivere nella globalizzazione ed è fatta i battiti – spiega Morace -. Il libro sottolinea il dover fare attenzione a non cadere nell’errore di pensare che ci sia un locale contro il globale e viceversa. Il mondo è sempre stato fatto di grandi luoghi e di talenti locali che si sono poi diffusi nel mondo e che hanno permesso il respiro globale: è la storia dell’umanità. Se non ci attrezziamo per affrontare anche questa vicenda così drammatica sentendoci una comunità di destino non ne verremo fuori perché magari ne guariremo ma potrebbe arrivare il “battito” di un altro luogo ad attaccare il nostro respiro: l’unicità del locale deve diventare universale ed è sempre stato questo il gioco del mondo”.

 

“L’apocalisse” del clima. L’emergenza che stiamo vivendo ci ha portati da un momento all’altro a dover affrontare un netto cambiamento nelle nostre vite e nelle nostre abitudini. Ma la sfida del nuovo coronavirus non è l’unica che siamo chiamati ad affrontare: c’è anche quella climatica. “La speranza è che questa vicenda – evidenzia Morace – sia considerata una sorta di piccola apocalisse, perché le apocalissi si portano dietro delle rivelazioni, la traduzione di apocalisse, infatti, è proprio rivelazione, e noi la stiamo vivendo, il cambiamento climatico segue esattamente la stessa logica”.

 

“Le grandi sfide globali di oggi – chiede Cristina Pozzi, continuando l’intervista – ci mettono sempre di più di fronte al fatto che siamo sull’orlo di una svolta, voluta da noi perché andiamo a cambiare un paradigma o che ci arriva dall’esterno, come sta accadendo oggi con l’emergenza del Covid-19. Come possiamo andare volontariamente verso questo nuovo paradigma e quali sono gli aspetti principali per fare questa rivoluzione?”

“Sono 30 anni che noi ci alleniamo per affrontare questo momento – risponde Morace -, perché i paradigmi emergenti sono abbastanza chiari, se ne parla da decenni, uno di questi è la sostenibilità, ovvero il raggiungimento dell’equilibro fra la quantità e la qualità”. Questo può essere applicato anche nelle nostre vite, infatti bisogna considerare “il rapporto fra spazio e tempo, – continua il presidente di Future Concept Lab – noi avevamo uno spazio infinito e sempre poco tempo, un tempo che qualcuno diceva che sarà un lusso nel futuro. Ora stiamo vivendo la situazione opposta, viviamo in spazi più piccoli, confinati nelle nostre case, ma abbiamo molto più tempo a disposizione. Cosa possiamo imparare? Capire che abbiamo bisogno di un respiro attorno a noi, di spazi che dobbiamo riconquistare senza che ci portino ad avere un affollamento eccessivo. Pensiamo a come si viaggia, come si lavora, dovremo recuperare gli spazi di vita con un respiro diverso e con una capacità di godere del tempo. Immagino un futuro misto, in cui magari un giorno a settimana facciamo smartworking, lo stesso magari vale per la scuola. Dobbiamo imparare da questa situazione a riequilibrare la nostra vita per essere più presenti a noi stessi. Dovremo imparare a dare qualità al tempo e alle relazioni”.

 

Il ruolo delle tecnologie. Un altro argomento toccato durante la diretta è quello del ruolo delle tecnologie e come questo ruolo sia stato modificato dall’emergenza in corso, se ne sia uscito rafforzato o indebolito.

Morace non ha dubbi: “Né è uscito rafforzato”.  “Dobbiamo considerare – continua – la tecnologia, l’IA, gli algoritmi come strumenti nelle nostre mani per rafforzare la dimensione umana, una dimensione che la tecnologia non potrà mai restituirci. quindi è più una questione di amplificazione, quello che sta avvenendo in queste lunghe giornate di isolamento, le videochiamate, valorizzano il contenuto umano e non lo deprivano”. “Credo che questa vicenda – conclude Morace – ci possa aiutare a trovare un nuovo equilibro, capire le opportunità che la tecnologia ci dà per poi applicare la nostra creatività e il nostro pensiero laterale, cosa che noi italiani siamo bravissimi a fare.

 

Guarda il resto dell’intervista:

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