Robotica e AI

RenAIssance – la nuova strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale

7 October 2020 | Scritto da Luna Bianchi

L’estate 2020 ha visto il Governo Italiano impegnato su molti fronti, incluso quello digitale. Il movimento è globale e la necessità di un intervento politico nel processo trasformativo che la società sta affrontando con coraggio, è indiscutibile oltre che urgente.

Il mondo virtuale oggi è importante almeno quanto quello reale e le interazioni con Intelligenze Artificiali di vari livelli sono continue, dalle canzoni che “potrebbero piacerti” di Spotify al percorso consigliato da Google Maps. L’Italia rimane però in fondo alla classifica europea sia in termini di educazione digitale che in termini di accesso alla rete internet. Le conseguenze non impattano soltanto la possibilità di sviluppo industriale e crescita economica, ma soprattutto influenzano la nostra capacità di comprendere il mondo che ci circonda ed affrontarlo con i giusti strumenti.

Proprio su questo secondo aspetto interviene il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e Digitalizzazione con la “Strategia nazionale per le competenze digitali” pubblicata a fine luglio 2020 e volta a combattere il divario culturale attraverso piani di inclusione digitale e educazione alle tecnologie del futuro sin dalla scuola primaria.

Il riconoscimento dell’importanza di uno sviluppo responsabile dell’Intelligenza Artificiale con funzione di motore per una trasformazione industriale è invece la base delle “Proposte per una Strategia italiana per l’Intelligenza Artificiale” formulate dal Gruppo di Esperti sull’Intelligenza Artificiale (AI) su mandato del Ministero dello Sviluppo Economico. Il documento in questo caso si inserisce nel cosiddetto “Piano Coordinato” promosso dalla Commissione Europea nel 2018 il cui obiettivo è la definizione di una strategia europea che metta l’UE nelle condizioni di adottare una politica industriale basata sull’AI che sia competitiva a livello internazionale, ma contestualmente renda il nostro continente leader nell’elaborazione dei principî etici sottostanti.

Entrambi i documenti quindi prendono parte al processo di trasformazione digitale del nostro Paese, riconoscendo la tecnologia, se human centric, centrale per lo sviluppo economico dell’Italia.

 

La Strategia italiana per l’AI. Il Gruppo italiano di Esperti sull’Intelligenza Artificiale riconosce come l’adozione di una strategia nazionale per lo sviluppo e implementazione dell’AI, sul piano pubblico e su quello privato, possa giocare un ruolo centrale per la crescita economica italiana.

In linea con l’approccio europeo infatti, la valorizzazione dell’Intelligenza Artificiale su larga scala viene declinata attraverso una partnership tra sistema pubblico e comparto industriale. La scelta italiana (ed europea) quindi, si pone a metà tra le strategie adottate dai due attuali leader mondiali in tema di AI: la Cina che opera sotto la spinta pubblica di Beijing, e gli USA che sono invece trainati in larga parte dal settore privato.

La collaborazione tra la pubblica amministrazione e settore privato è considerata vincente perché permetterebbe la condivisione sia delle risorse economiche che delle innovazioni tecnologiche portate dalla ricerca. L’industria italiana potrebbe quindi essere protagonista di un nuovo “Rinascimento” tecnologico, sociale e ambientale, e contestualmente si potrebbe realizzare un sistema pubblico futuristico con il ruolo di motore della Rivoluzione Industriale 4.0.

Certo ad oggi l’idea sembra più fantascientifica che futuristica, ma da qualche parte si deve pur iniziare.

Questa è la visione dalla quale è nata l’idea di creare un Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale (I3A), un vero e proprio hub tecnologico dalla doppia anima. Da una parte infatti sarà indirizzato alla ricerca e alla sperimentazione a supporto in primis delle attività pubbliche, e dall’altra incorporerà una struttura competitiva ed in grado di attrarre eccellenze italiane ed internazionali, dedicata allo sviluppo di progetti innovativi a gestione (e finanziamento) privato.

La volontà è creare un ambiente collaborativo dal quale emergano trasformazioni che possano essere sfruttate vantaggiosamente sia dalla pubblica amministrazione che dal settore industriale, un circolo virtuoso di crescita continuo.

La proposta espressa nel documento strategico sull’AI è stata rapidamente accettata dal Governo e con una nota del 3 settembre Torino è stata nominata sede del futuro Istituto I3A.

 

Torino cuore del rinascimento tecnologico. Torino si è ormai sganciata dall’immagine “grigio FIAT” che l’ha contraddistinta per molto tempo e, come ci ha raccontato la consigliera comunale Chiara Foglietta “sotto questo aspetto offre un panorama particolarmente interessante in quanto coniuga la presenza di due atenei universitari riconosciuti oltre i confini nazionali, con la presenza di un tessuto imprenditoriale che ben potrebbe rispondere alle sfide poste da queste nuove frontiere tecnologiche”.

Torino “città smart” – continua Foglietta – non nasce con la candidatura ad ospitare l’hub dell’intelligenza artificiale, ma da gennaio del 2016 quando venne lanciato il bando che avviava la prima esperienza di Torino City Lab”, il primo laboratorio d’innovazione a cielo aperto italiano volto a portare cittadini, imprese e pubblica amministrazione a testare liberamente tecnologie innovative per valutarne l’impatto sulla qualità della vita. Una sorta di “Free Technology Zone” in cui diverse società tecnologiche internazionali testano i propri prodotti o servizi in cooperazione con gli utenti finali. Quest’anno ad esempio si sono sperimentati gli Skycopter realizzati dall’azienda americana Skypersonic, i robot in telepresenza per visitare mostre e musei – da una collaborazione di Tim e Fondazione Torino Musei – e Olli, minibus elettrico a guida autonoma realizzato assemblando parti stampate in 3D.

Questo mindset permise a Torino di aggiudicarsi nel 2016 il secondo posto come Smart City in Europa, ma anche oggi continua ad attirare progetti innovativi ed investimenti internazionali, come la recente partnership tra Tim e Google per la costruzione del più grande ed innovativo data center d’Europa.

Oltre ad un tessuto tecnico-industriale stimolante però, Torino può vantare anche una forte cultura giuridica. Grandi pensatori moderni come Gustavo Zagrebelsky, Francesco Pizzetti e anche Stefano Rodotà hanno lasciato la loro impronta in questa città, infondendo una certa abitudine a riflessioni etiche antropocentriche indirizzate a valutare proprio l’impatto che i cambiamenti, sociali o tecnologici, possono avere sull’essere umano. Non è un caso infatti, che il principale promotore di Torino come centro nazionale per l’AI sia stato proprio Don Luca Peyron, direttore dell’Apostolato Digitale dell’Arcidiocesi di Torino creato un anno fa con l’obiettivo di approfondire il ruolo sulla cultura digitale e della rivoluzione tecnologica attraverso un continuo dialogo tra la compagine ecclesiale e quella sociale/accademica.

 

L’importanza dell’etica. In questi giorni non si parla d’altro che del documentario “The Social Dilemma” di Netflix e questo probabilmente anche grazie alla scelta unica di affiancare al solito cortometraggio, una discussione di massa sui temi sociali affrontati. Il focus infatti, come per Black Mirror e Electric Dreams o andando più indietro Matrix, Io, Robot o Ex Machina, è proprio portare lo spettatore a farsi delle domande sul presente e ad immaginare il futuro che verrà.

I film e le serie tv oggi giocano esattamente lo stesso ruolo dei miti nell’antica Grecia: ci raccontano alcune possibili evoluzioni della società attraverso quelli che sono i nodi di maggiore tensione. Duemila anni fa si cercavano risposte al rapporto uomini-dei e si rappresentava la lotta tra leggi umane e leggi naturali, oggi sui nostri schermi si indaga il rapporto uomo-macchina e si riflette sulle barriere etiche da disegnare intorno all‘intelligenza artificiale per evitare che diventi incontrollabile. Domande globali che sono necessariamente al centro di dibattiti a tutti i livelli.

Forse proprio da qui è partita, solo pochi anni fa, l’Europa quando ha ritenuto centrale ed urgente porsi delle domande su cosa significasse sviluppare un’intelligenza artificiale antropocentrica e quali potessero essere i principî etici da mettere alla base dell’innovazione affinché fosse considerabile vero e proprio sviluppo.

La tecnica e l’etica si intersecano da sempre, ponendo domande nuove le cui risposte cambiano nel tempo adattandosi alla società sottostante. Basti pensare che in Italia fino a pochi anni fa la fecondazione assistita eterologa era vietata mentre ancora oggi l’ingegneria genetica è oggetto di grandi discussioni in tutto il mondo.

Allo stesso modo lo sviluppo, e l’applicazione, di un ecosistema di intelligenze artificiali passa necessariamente da riflessioni sulla nostra società e sulle radici che ne hanno permesso l’evoluzione, e ci si interroga sulla strada da scegliere per indirizzarci verso un futuro, e verso tecnologie del futuro, di cui l’essere umano si fidi e con le quali sia disposto a collaborare. D’altronde nelle “Raccomandazioni sull’AI” del Consiglio dell’Organizzazione Mondiale per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD) si parla proprio di AI affidabile, trustworthy.

Non stupisce quindi che l’Apostolato Digitale, ma in generale una parte illuminata di teologi, siedano al tavolo con giuristi, filosofi, economisti, designer, industriali e scienziati per collaborare alla creazione di un ambiente tecnologico equo, inclusivo e di cui ci si possa fidare.

Sono ormai abbastanza noti infatti i rischi riconnessi ai bias che la macchina può applicare nei suoi processi decisionali, ed altrettanto (tristemente) noti sono gli esempi di discriminazione che sono derivati da uno sviluppo incontrollato e non eticamente indirizzato.

Dalla chatbot di Microsoft che twittava di supremazia della razza bianca, al sistema di image recognition di Google che confondeva uomini di colore con scimmie, è ormai chiaro come i processi in valutazione oggi, in un mondo globale ed interconnesso, abbiano sfumature complesse che possono essere affrontate soltanto assemblando team diversificati sia in termini di competenze, che in termini di genere ed etnia.

 

Il (possibile) ruolo dell’Istituto Nazionale per l’Intelligenza Artificiale. Con un’ottica spiccatamente pratica, gli esperti italiani della Strategia per l’Intelligenza Artificiale hanno ritenuto di affidare ad una “Cabina di Regia” intergovernativa l’elaborazione dei nuovi strumenti legislativi che sarà necessario mettere in campo per rispondere alle nuove esigenze tecnologiche e che dovranno guidare la creazione e lo sfruttamento dell’Intelligenza Artificiale in ambito pubblico e privato, assicurando il miglioramento della condizione umana come obiettivo primario.

Se volessimo superare il ruolo della Cabina di Regia mantenendo centrale l’analisi etica applicata all’evoluzione dell’AI, si potrebbe immaginare di attribuire all’Istituto per l’Intelligenza Artificiale anche la funzione di osservatorio etico che abbia poteri di monitoraggio, valutazione e proposta legislativa. Un osservatorio che misuri costantemente la temperatura sociale e l’impatto che questo nuovo fantascientifico mondo proposto ha sui cittadini, introducendo così un nuovo ambito di innovazione, quella giuridica, derivante dalla collaborazione tra giuristi, industrie, scienziati e filosofi.

Certo è che se si volesse davvero dar vita ad una struttura simile, il principio di diversità dovrebbe essere rispettato non solo in termini di competenze rappresentate, ma anche in primis lavorando per una composizione equilibrata ed inclusiva in termini di genere ed etnia. Sembra infatti che questo principio etico cardine sia stato “dimenticato” nel processo di selezione per gli esperti di AI autori delle Raccomandazioni dell’OECD o delle Proposte per la Strategia Italiana. Il primo infatti, ad esempio, vede la presenza di 16 donne su un team composto da 56 persone, mentre in Italia sono solo 5 su 30 le donne che sono state ritenute “sufficientemente esperte” per poter prendere parte all’elaborazione di una strategia fondamentale per il futuro del nostro paese, e non solo.

Viene da chiedersi come una tale sproporzione possa davvero portare all’elaborazione di linee guida in grado di mettere al centro l’essere umano nel suo complesso, e non solamente le solite categorie da sempre ai vertici decisionali.

 

L’Intelligenza Artificiale è un’invenzione meravigliosa che sta portando l’essere umano a compiere la 4° Rivoluzione Industriale ma rimane soltanto uno strumento e, come dice Don Luca Peyron coordinatore dell’Apostolato Digitale di Torino, “…il tema è sempre l’uomo (e la donna aggiungo), e dove l’uomo (e la donna) vuole andare”. Se vogliamo vivere un vero RenAIssence economico, sociale ed ambientale, fondamentale sarà il superamento dei sistemi di riferimento precedenti ed il coraggio di affrontare il futuro con un mindset nuovo e rivoluzionario.

 

Crediti immagine di copertina Wonder Festival 2020 Shanghai by Jianhao Chen
Luna Bianchi
Luna Bianchi

Luna Bianchi è una giurista con un'esperienza decennale in Proprietà Intellettuale, scrive di implicazioni etiche e giuridiche legate allo sviluppo dell'Intelligenza Artificiale e delle tecnologie digitali in genere

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