Spazio

Marte sulla Terra: le “palestre” per gli astronauti

2 September 2019 | Scritto da Alberto Laratro

Il nostro pianeta è pieno di ambienti estremi, da deserti incandescenti a lande ghiacciate e desolate senza una goccia d’acqua. Il banco di prova perfetto per le future missioni spaziali.

Una distesa di terriccio arido e inospitale si stende a vista d’occhio. Lo sbalzo di temperatura fra giorno e notte è di oltre 40 gradi, non c’è praticamente acqua nemmeno dove dovrebbero esserci ghiacciai e una persona che si trovasse sfortunatamente sulla sua superficie non resisterebbe a lungo senza un adeguato sistema di supporto vitale. Non si tratta di Marte ma del Deserto dell’Atacama, uno dei posti più inospitali e aridi del pianeta. Così poco adatto ad ospitare la vita (umana), che è stato più volte scelto come campo di prova per missioni spaziali. Scopriamo quali sono i posti sulla Terra che sembrano usciti da un altro pianeta.

 

Marte in Cile. Il deserto dell’Atacama è uno dei deserti più antichi del nostro pianeta, nonché il più arido: in media ogni anno piovo a stento 2 millimetri d’acqua. Non c’è da stupirsi se viene utilizzato come luogo per simulare diversi tipi di missioni spaziali. Uno studio del 2003 testò i sistemi di analisi delle sonde Viking 1 e 2 alla ricerca di vita e in alcune aree non riuscirono a trovare alcun microorganismo. Il terreno è così simile a quello del pianeta rosso che anche i rover destinati a scorrazzare per la sua superficie e i trapani utilizzati per raccogliere campioni vengono testati qui da una sezione dedicata della NASA chiamata ARADS (Atacama Rover Astrobiology Drilling Studies).

 

Le “Missioni analoghe”. Per preparare i propri astronauti e testare le attrezzature, la NASA conduce delle missioni chiamate “analoghe” per convalidare i prototipi di architettura, fare dimostrazioni tecnologiche e ottenere una più profonda comprensione delle sfide tecniche e operative degli apparati che andranno utilizzati in future missioni. Sono diverse le infrastrutture utilizzate a questi scopi, disseminate nelle zone più impervie e inospitali. Dall’habitat “Hawai’i Space Exploration Analog and Simulation” (Hi-Seas) su una desolata zona vulcanica delle Hawaii, all’Haughton Mars Project sull’isola di Devon, nel nord del Canada, oltre il circolo polare artico, una zona brulla e disabitata se non per le piccole case che simulano un habitat marziano, passando per NEEMO, NASA’s Extreme Environment Mission Operations: un habitat in fondo all’Oceano Pacifico in cui si trova il laboratorio subacqueo Aquarius. Gli astronauti spendono fino a tre settimane in questi laboratori avendo l’opportunità di simulare la vita su un veicolo spaziale ed eseguire attività extraveicolari anche indossando vere tute spaziali per mettere alla prova ogni aspetto delle missioni.

 

Sopravvissuti. L’idea di sfruttare i territori estremi del nostro pianeta come parte dell’addestramento degli astronauti non è un’idea nuova. Già agli albori dell’era spaziale, negli anni ’60, sia gli USA con il progetto Mercury, sia l’Unione Sovietica, inviavano gli astronauti in luoghi sperduti in preparazione a eventuali atterraggi d’emergenza in zone disabitate. Gli uomini venivano addestrati a sopravvivere in deserti o foreste pluviali o addirittura nella Taiga siberiana in attesa che i soccorsi li individuassero e recuperassero.

Alberto Laratro
Alberto Laratro

Laureato in Scienze della Comunicazione e con un Master in Comunicazione della Scienza preso presso la SISSA di Trieste ha capito che nella sua vita scienza e comunicazione sono due punti fermi.

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