Spazio

Perché siamo andati sulla Luna

19 July 2019 | Scritto da Alberto Laratro

50 anni fa la missione Apollo 11 portava per la prima volta l’uomo sulla Luna. Perché raggiungere il nostro satellite e quali impatti ha avuto questa missione storica?

“Penso che stiamo andando sulla Luna perché è nella natura dell’essere umano affrontare le sfide”. Neil Armstrong aveva le idee chiare, il suo viaggio, assieme ai compagni Buzz Aldrin e Michael Collins, a bordo dell’Apollo 11 verso la Luna era una sfida, una delle più grandi sfida che l’umanità avesse mai affrontato. Per vincerla avrebbero dovuto fare affidamento sul lavoro delle oltre 400 mila persone che si sono occupate nel progetto, uno sforzo epico iniziato poco più di un decennio prima, nel 1958, anno di fondazione della NASA, e trascinato dalle parole del presidente Kennedy che nel 1962, con il famoso discorso “we choose to go the Moon” (abbiamo scelto di andare sulla Luna), infiammò gli animi di una nazione per partecipare ad una corsa allo spazio contro gli avversari sovietici. Obiettivo: la Luna.

 

Perché la Luna? La domanda che tutti si chiedono, oggi come allora, è la stessa: perché andare sulla Luna? Cosa c’è da guadagnare? Uno dei motivi (oltre chiaramente a quelli di carattere prettamente scientifico), forse il più nobile – almeno di facciata – possiamo trarlo dalle stesse parole di Kennedy:

Qualcuno si chiede, perché la Luna? Ci si potrebbe chiedere anche: perché scalare la montagna più alta? Perché 35 anni fa è stato sorvolato l’Atlantico? Abbiamo scelto di andare sulla Luna in questo decennio ed impegnarci anche in altre imprese, non perché sono semplici, ma perché sono ardite! Perché questo obiettivo ci permetterà di organizzare e mettere alla prova il meglio delle nostre energie e delle nostre capacità”.

Le parole di Kennedy sono solo uno degli aspetti dietro la corsa alla Luna. In questo scenario gli altri protagonisti sono i sovietici, all’epoca detentori di tutti i primati spaziali (primo satellite lanciato, primo cane nello spazio, primo uomo, prima donna, prima passeggiata spaziale e tanti altri). I successi continui che provenivano dall’altro lato della cortina di ferro spinsero gli americani a giocarsi il tutto per tutto con l’impresa che sembrava il naturale passo successivo dell’esplorazione spaziale: raggiungere la Luna. Dopotutto le capacità aerospaziali erano, in maniera non troppo velata, anche capacità militari e queste missioni, per quanto cariche di scienza e di intenti pacifici, erano comunque un modo di flettere i muscoli durante la guerra fredda.

La riuscita del programma Apollo segnò la fine della corsa – l’URSS nel frattempo aveva perso il suo capo progettista, Sergej Korolev, e con esso gran parte della spinta che li aveva portati a trionfare fino ad allora – e l’inizio di un periodo di esplorazione spaziale fatta in maniera più strutturata e calma, fra stazioni spaziali e sonde automatiche.

Ormai sono passati 50 anni dal fatidico momento in cui, prima i piedi metallici del lander Eagle, poi quelli storici instivalati di Neil Armstrong e infine quelli del pilota del veicolo lunare Buzz Aldrin, hanno toccato la superficie vergine e butterata da crateri della Luna. Da quel momento il mondo non è più stato lo stesso, gli impatti della missione Apollo 11 (e delle successive 6 missioni) sono stati enormi, andiamo a vedere insieme come, anche dopo 50 anni, ancora oggi la sua eredità risuona nel nostro tempo.

 

Gli impatti tecnologici. Per capire com’è stato possibile mandare l’uomo sulla Luna è importante comprendere il contesto in cui è nato il programma Apollo. Prima di questo, infatti, ci sono state le missioni dei programmi Mercury e Gemini, che hanno posto i presupposti teorici, tecnici e soprattutto tecnologici per il successo della missione. Per oltre 10 anni la NASA ha lavorato per sviluppare e implementare i più avanzati ritrovati in moltissimi ambiti, dall’informatica alla fisiologia, passando ovviamente per l’ingegneria aerospaziale e toccando idraulica, meccanica orbitale e scienza dei materiali assieme a tanti altri settori che oggi fanno parte delle fondamenta tecnologiche della nostra società.

Il computer usato per assistere gli astronauti nel pilotaggio della capsula, ad esempio, chiamato AGC, Apollo Guidance Computer, è stato uno dei primissimi computer miniaturizzati a montare circuiti integrati, ovvero microchip. L’azienda a cui venne affidato lo sviluppo di questi dispositivi, la Fairchild Semiconductor, era una delle poche al mondo, all’epoca, a sperimentare in quella direzione. Poco dopo due impiegati di quest’azienda fondarono una loro impresa, l’Intel. È anche grazie agli sforzi fatti per rendere quel computer così leggero (anche se, oggi, con i suoi 32 kg, non ci sembra tanto leggero, si trattava di una piuma se paragonato agli armadi da centinaia di kg comunemente usati all’epoca) se oggi possiamo portarne uno in tasca sempre con noi.

Fare un elenco esaustivo di tutte le innovazioni figlie del programma Apollo richiederebbe un articolo a sé, ma fortunatamente esiste un sito che già le raccoglie tutte: NASA spinoff è una pubblicazione che mostra tutte le tecnologie sviluppate per lo spazio che in un modo o nell’altro raggiungono la nostra vita di tutti i giorni.

 

Impatti sociali. Anche se per un breve tempo, le missioni Apollo unirono il mondo. 600 milioni di persone (su una popolazione mondiale di 3 miliardi e mezzo) passarono ore e ore a guardare la diretta televisiva letteralmente da un altro mondo. Si trattava di un evento storico, come se si avesse avuta la possibilità di guardare Colombo mettere piede sul suolo americano, e il pubblico lo sapeva. Le immagini della Terra che si innalzava dall’orizzonte della luna rendevano il nostro pianeta piccolo, fragile e solo nello spazio.

In un momento in cui la guerra in Vietnam e la Guerra Fredda dominavano i telegiornali della sera, le immagini del primo sbarco sulla luna fornirono un momento di fuga e di fratellanza, dopotutto gli astronauti, anche se sotto la bandiera statunitense, erano andati lì “in pace per tutta l’umanità”, come recita la placca montata su una delle gambe del lander.

Rivivere l’allunaggio. Sarebbe difficile replicare le stesse emozioni che hanno serpeggiato fra tutta l’umanità in quei giorni, ma oggi, 50 anni dopo, la tecnologia ci dà una mano. Possiamo provare a rivivere quei momenti grazie ad un sito, che potete trovare qui, che ci permette di rivivere in diretta ogni momento dell’intera missione, accompagnato dall’audio originale delle comunicazione fra la capsula e il centro comando, con foto, video e quant’altro: un’enorme mole di dati e informazioni che ci permettono di comprendere meglio come si sia svolta tutta la vicenda e che danno la conferma – non necessaria, ma tant’è – della realtà storica di queste missioni per quei pochi che ancora dubitano.

Per chi non si accontenta c’è l’enorme documentario Moonscape, che in maniera simile rivive tutta la missione, e infine, per chi vuole un’esperienza più immersiva e possiede un set per la realtà virtuale può rivivere le emozioni della missione in prima persona grazie all’Apollo 11 VR Experience.

 

Il prossimo piccolo passo. Oggi, 50 anni dopo quel fatidico giorno, ci troviamo in un momento di fermento caotico per quanto riguarda lo spazio. Fra privati che stanno intraprendendo una nuova corsa allo spazio, agenzie spaziali di tutto il mondo che puntano a affermarsi nel panorama internazionale dell’astronautica e nuove tecnologie che permettono un accesso allo spazio più economico, commerciale e presto, addirittura, turistico lo sguardo è puntato verso due obiettivi principali: nuovamente la Luna, ma questa volta per restarci, e Marte: per raggiungerli questa volta non basterà un piccolo passo.

Alberto Laratro
Alberto Laratro

Laureato in Scienze della Comunicazione e con un Master in Comunicazione della Scienza preso presso la SISSA di Trieste ha capito che nella sua vita scienza e comunicazione sono due punti fermi.

leggi tutto