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Previsioni dal passato: i vestiti usa e getta, un segnale preoccupante dal passato

22 July 2019 | Scritto da La redazione

Spesso e volentieri i pensatori del passato hanno lasciato ai posteri intuizioni sul nostro presente: alcune incredibilmente precise, altre del tutto sbagliate. Oggi ve ne raccontiamo una che, anche se non ce ne rendiamo conto, si è (quasi) realizzata e che ha risvolti negativi per lavoratori e ambiente

Il nostro vestito si è sporcato? Altro che lavatrice, basta prenderlo, buttarlo e scegliere un nuovo abito da indossare. Così 70 anni fa qualcuno si immaginava il settore della moda, un mondo fatto di praticità e di oggetti monouso che non si preoccupa degli impatti sulle persone e sull’ambiente. Un passato dimenticato e, oggi, ritenuto folle? Non proprio.

 

Gli abiti usa e getta. Durante gli anni ’50 e ’60 le innovazioni tecnologiche, la fiducia nella scienza e l’irrefrenabile entusiasmo scatenato nel pubblico verso ciò che si poteva ottenere grazie all’ingegno dell’uomo hanno portato a non poche storture. Una di queste è ben rappresentata da una vignetta che venne pubblicata il 25 ottobre 1959 in cui si vedono alcune donne in campeggio intente a cambiarsi d’abito e bruciare i vestiti appena tolti. L’idea alla base dell’immagine era che nel futuro il modo di vestirsi sarebbe stato rivoluzionato: in una (forse) distorta forma di liberazione femminile, le donne non avrebbero più dovuto lavare e stirare gli abiti perché questi sarebbero diventati usa e getta.

“I tuoi vestiti devono essere puliti o lavati? Sei stanco dei vecchi schemi o colori? In futuro, se la tua risposta a una di queste domande è sì, semplicemente getti via i vecchi vestiti e magari ci accendi un fuoco da campo”. Così recitavano gli slogan che accompagnavano questi prodotti. L’idea era che lo sviluppo di nuovi materiali sarebbe arrivato a un punto tale che sarebbe stato più economico e pratico semplicemente procurarsi un nuovo abito anziché lavarlo. Carta, rayon e nylon sarebbero stati i tessuti del futuro.

 

Un’idea poco condivisa. Nonostante la pressione di giornali e pubblicità, l’idea non ebbe mai un grande successo nel pubblico che riteneva, giustamente, che una pratica del genere sarebbe stata uno spreco. Ciò nonostante l’industria tessile per quasi un decennio continuo a riproporre l’idea sviluppando abiti economici e pratici monouso. La Scott Paper Company, famosa per la carta igienica, nel ’66 pubblicizzava i suoi vestiti monouso fatti di carta antincendio riuscendo a vendere oltre 300 mila capi negli Stati Uniti. In Inghilterra nel 1970 si tenne addirittura una conferenza, Dispo ’70 (da disposable clothes, abiti usa e getta), sull’argomento. Con l’affermarsi dei movimenti ambientalisti degli anni ’70 e con la nascita di una maggiore sensibilità delle questioni ambientali il discorso sugli abiti monouso venne scartato completamente. Almeno in maniera volontaria.

 

Gli abiti usa e getta del nuovo millennio. Anche se l’idea di produrre abiti monouso è finita nel dimenticatoio, certe pratiche sono dure a morire. Nonostante abbiamo rifiutato quest’idea, nella pratica ancora oggi è un fenomeno diffuso. Abiti di bassa qualità vengono prodotti a miliardi sfruttando enormi quantità di risorse, inquinando fiumi e degradando i terreni usati per coltivare il cotone, inoltre l’industria della moda produce ogni anno un sovrannumero di articoli che quando rimane invenduto viene bruciato provocando importanti emissioni di anidride carbonica. Non si tratta solo di impatto ambientale, la produzione della cosiddetta fast fashion, prodotti che potremmo quasi definire usa e getta, vengono spesso prodotti in paesi in via di sviluppo con forme di lavoro sottopagate e senza sicurezze. Il futuro immaginato nel passato, alla fine dei conti, non si è rivelato troppo diverso da quello che viviamo.

La redazione
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