Scienza e Medicina

Covid-19 e distanziamento sociale: gli effetti del lockdown in Cina

5 May 2020 | Scritto da La redazione

Pubblicato sulla rivista Science lo studio di un team internazionale guidato dalla Fondazione Bruno Kessler di Trento e dall’Università Fudan di Shanghai

In Italia il 4 maggio è iniziata la cosiddetta “Fase 2”, che ha dato il via ad un lento e graduale ritorno alla normalità. Ma non è ancora il momento di abbassare la soglia di attenzione e di dimenticare le regole che in queste settimane ci hanno costantemente accompagnato nella lotta al nuovo Coronavirus, una su tutte quella del distanziamento sociale. E sembrano essere state proprio le misure di distanziamento sociale a permettere alla Cina di fermare la diffusione di COVID-19. A sostenerlo solo i risultati dello studio di un team internazionale guidato dalla Fondazione Bruno Kessler di Trento e dalla Università Fudan di Shanghai pubblicato sulla rivista Science.

 

La ricerca. La Cina è stato il primo paese a dover affrontare l’emergenza Coronavirus ed è stata in grado di controllarne la diffusione. Questo ha portato gli studiosi a condurre un’analisi per identificare i fattori che hanno determinato l’abbattimento della trasmissione in Cina. Lo studio ha evidenziato una riduzione di 7-8 volte del numero di persone contattate al giorno durante il periodo del lockdown a Wuhan e Shanghai ed ha anche messo in luce che i bambini sono circa 4 volte meno suscettibili all’infezione degli anziani. Tramite l’utilizzo di modelli matematici, gli autori hanno stimato che tale riduzione dei contatti da sola è sufficiente a contenere la diffusione di COVID-19.
Lo studio ha analizzato le risposte di circa 2.000 abitanti di Wuhan e Shanghai a cui è stato chiesto di indicare i propri contatti giornalieri prima e durante il lockdown cinese, permettendo così di stimare il cambiamento nel numero e tipo di contatto effettuato dalle persone durante l’implementazione delle misure di distanziamento sociale.

 

“Il numero di contatti – spiega Marco Ajelli, della FBK, che ha coordinato lo studio – è calato da 14-19 al giorno prima dell’inizio dell’epidemia a circa 2 contatti al giorno, la grande maggioranza dei quali con i propri familiari. Inoltre, analizzando i dati su oltre 7.000 contatti di 136 casi di COVID-19, siamo stati in grado di stimare che i bambini hanno un rischio di infettarsi di circa 3 volte inferiore rispetto agli adulti e di ben 4 volte inferiore rispetto agli anziani. Tramite l’utilizzo di modelli di simulazione al computer, siamo stati poi in grado di mostrare come la politica di distanziamento sociale adottata in Cina sia stata in grado di controllare la diffusione dell’infezione.”

 

“L’Italia”, sottolinea Stefano Merler, della FBK, “ha seguito la Cina nell’adottare una rigorosa politica di distanziamento sociale che ora sta dando i tanto sperati risultati, con un recente abbattimento del numero di nuovi casi registrati, ospedalizzazioni e decessi causati dal coronavirus. Questo studio ci aiuta a comprendere l’impatto di questo genere di politica e l’importanza che ogni persona faccia la propria parte nel limitare il numero dei propri contatti. Il fatto poi che i bambini siano meno suscettibili all’infezione, cosa molto positiva per sé, non deve trarre in inganno sul loro possibile ruolo nella trasmissione di SARV-COV-2. Infatti, sono anche quelli che hanno il più alto numero di contatti sociali, soprattutto a scuola”.

La redazione
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