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La lotta al razzismo passa anche per i linguaggi di programmazione

26 July 2020 | Scritto da La redazione

Via le parole razziste anche dai linguaggi di programmazione: la proposta del creatore di Linux

La lotta al razzismo passa anche dal linguaggio, non solo quello parlato, ma anche quello usato per scrivere le linee di codice che formano i software che usiamo tutti i giorni. Linus Torvalds, l’ideatore di Linux, ha suggerito di modificare alcune parole chiave all’interno di questi linguaggi. Parole come  ‘master/slave’ o ‘blacklist/whitelist’. Al posto di ‘master’ e ‘slave’, letteralmente ‘padrone e schiavo’, che designa di solito un hardware principale e uno che dipende da questo, sono proposte una serie di alternative, da ‘primary/secondary’ a ‘leader/follower’. Invece di blacklist/whitelist sono proposte alternative come denylist/allowlist o blocklist/passlist. Prima di Linux molte altre aziende informatiche e progetti di programmatori hanno deciso di eliminare i riferimenti che possono far pensare al razzismo, compresi Google e Microsoft.

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La redazione
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