Scienza e Medicina

Quando la robotica entra negli ospedali

30 January 2019 | Scritto da La redazione

Negli ultimi giorni sono stati protagonisti della cronaca nazionale i robot infermieri R1 e Pepper, ma non sono le uniche macchine a “lavorare” in ospedale

“Robot in corsia”. Potrebbe essere il titolo di un nuovo medical drama in stile Grey’s Anatomy, ma è una realtà che potremmo incontrare sempre più spesso negli ospedali del mondo. E anche in Italia qualcosa si sta muovendo. Proprio nel corso di questa settimana sono stati protagonisti della cronaca nazionale i due robot umanoidi dotati di intelligenza artificiale R1 e Pepper, che inizieranno un “periodo di prova” alla “Casa Sollievo della Sofferenza” a San Giovanni Rotondo. I nuovi infermieri, che aiuteranno i medici nella diagnosi e nella cura del paziente, non sono però le uniche macchine che operano nelle corsie degli ospedali o in ambito sanitario.

Assistenza ad anziani e disabili. Migliorare la qualità della vita e l’indipendenza delle persone: è questo l’obiettivo della

robotica collaborativa, che si appresta a cambiare in modo sostanziale il settore dell’assistenza, con un focus particolare su anziani e disabili. Queste innovazioni, che si apprestano ad entrare sia nelle abitazioni private sia nelle strutture per la cura, non cambieranno solamente la vita dei pazienti ma anche quella dei loro famigliari, con un risparmio notevole anche in termini economici. In Italia, la Regione Toscana attraverso i fondi europei del bando POR FESR Toscana 2014-2020, ha lanciato il progetto CloudIa, realizzato da un consorzio che riunisce sette realtà che operano sia a livello accademico sia sociale. Grazie al progetto e alla relazione tra robot e cloud, saranno sviluppati servizi di monitoraggio notturno con sensori ambientali, stimolazioni cognitive e monitoraggi psicofisici dei pazienti. I robot in chirurgia. Era il 1999 quando la Intuitive Surgical Inc. introdusse sul mercato il primo sistema chirurgico robotizzato, denominato Da Vinci, in onore dello scienziato italiano. Se negli Stati Uniti ormai la grandissima maggioranza degli interventi avviene con l’ausilio di robot, anche l’Italia si difende piuttosto bene: nel 2018 i robot chirurgici in Italia hanno superato le 100 unità e questa innovazione è presente ormai in tutto il territorio nazionale, con il nostro Paese che si conferma ai vertici in Europa per diffusione e utilizzo di questa tecnologia.  Ma la ricerca sta andando oltre: si sta lavorando per insegnare alle macchine a operare in autonomia, ovviamente sempre con la supervisione del medico in carne ed ossa. I nanobot. Ma i robot in medicina hanno misure e forme diverse: dai grandi macchinari per la chirurgia alle dimensioni contenute degli “assistenti”, fino a quelle microscopiche dei nanobot, che permettono un approccio terapeutico non invasivo. Questi dispositivi vengono iniettati nel nostro corpo e sono programmati per riparare organi e tessuti danneggiati, bloccare infezioni, ripulire le arterie per prevenire ictus o attacchi cardiaci. I risultati delle prime sperimentazioni sono incoraggianti e gli utilizzi si stanno indirizzando verso due strade distinte: diagnosi precoce e veicolazione mirata dei farmaci. La robotica riabilitativa. L’ultima branca della robotica di cui è d’obbligo parlare in riferimento alla medicina, è quella legata alla riabilitazione. L’utilizzo di queste innovazioni consente di tornare a una vita quasi normale anche dopo traumi e patologie invalidanti. Con questi robot fisioterapisti, per esempio, è possibile rieducare gli arti al movimento e affrontare lesioni mai trattate senza l’ausilio della tecnologia.
La redazione
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