Scienza e Medicina

Ricerca e sviluppo Biotech: serve una visione di futuro

22 May 2018 | Scritto da La redazione

Dall’assemblea pubblica 2018 di Assobiotec, l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, emergono dati contrastanti sullo stato di salute di questo settore, in forte crescita ma, allo stesso tempo, condizionato dalla mancanza di pianificazione e investimenti

 

Il futuro è già qui. Siamo pronti ad accoglierlo?”. È la domanda che ha accompagnato l’assemblea pubblica 2018 di Assobiotec, l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, che si è svolta a Roma il 16 maggio. Se, da un lato, durante l’evento è stato evidenziata una crescita importante del settore, dall’altra i dati presentati hanno confermato che l’Italia rischia di essere frenata, o addirittura tagliata fuori, dall’innovazione biotecnologica.

 

Applicazioni delle biotecnologie: perché sono importanti?

“Quella che stiamo vivendo oggi, grazie alle più moderne innovazioni biotecnologie, è una vera e propria rivoluzione. Nel mondo della medicina, dell’agricoltura, dell’ambiente e dell’industria ci avviciniamo sempre più al raggiungimento di traguardi fino a qualche tempo fa totalmente inimmaginabili e si aprono scenari nuovi, ancora inesplorati”. Si è aperta così la relazione del presidente dell’associazione Riccardo Palmisano, che ha sottolineato quanto le biotecnologie siano entrate in modo fondamentale nella vita quotidiana di tutti noi. Basti pensare al loro utilizzo nel comparto agroalimentare, alle biotecnologie industriali, alle applicazioni ingegneristiche e informatiche e al ruolo cruciale che svolgono nell’affrontare le sfide ambientali. Ma il settore che sta vivendo una vera e propria rivoluzione grazie alle biotecnologie è quello della salute, con applicazioni concrete e innovative in medicina e farmacologia: “In questi ultimi anni – prosegue Palmisano – si stanno rendendo disponibili terapie in grado di restituire la vista, trattamenti che garantiscono una nuova prospettiva di vita ai “bambini bolla” e ai “bambini farfalla”, cure che permettono di intervenire sul miglioramento del risultato del trapianto di midollo osseo in pazienti affetti da leucemie, linfomi e mielomi di grado severo. Senza dimenticare tutto il nuovo filone degli approcci immunoterapici che si stanno rivelando una straordinaria arma nella lotta ai tumori a conferma del potere trasformativo delle nuove terapie biotecnologiche”.  Grandi opportunità, infine, arrivano dalla ricerca in ambito genetico, dove le “forbici molecolari” del Crispr-cas9, stanno rendendo possibile consentono di tagliare con estrema precisione sequenze di DNA e inserire, eliminare o sostituire porzioni di queste, con applicazioni in ambito vegetale e prospettive pressoché infinite e ancora in parte indecifrabili per quanto riguarda l’uomo.

Le biotecnologie in Italia: numeri in crescita

Il nuovo rapporto sulle imprese di biotecnologie in Italia, realizzato grazie alla collaborazione tra Assobiotec ed ENEA, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, offre un aggiornamento sull’industria biotech attiva nel nostro Paese nel 2017. Il settore conta oltre 13.000 addetti e 571 imprese, con un fatturato superiore agli 11,5 miliardi di euro e un incremento del 12% tra 2014 e 2016. La Regione che vanta il maggior numero di aziende biotecnologiche è la Lombardia, seguita a distanza da Lazio, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto. Le imprese biotech si caratterizzano per una elevata proiezione sui mercati esteri, con il 38% di imprese esportatrici nel 2015, 7 volte in più dell’industria italiana nel suo complesso. Un dato rilevante, che testimonia il valore del made in Italy in questo settore, particolarmente strategico per la sostenibilità economica e la competitività dei Paesi più avanzati.

Non si investe su ricerca e sviluppo: manca la visione di futuro

Nonostante i numeri in crescita l’Italia rischia di essere esclusa dai prossimi step dell’innovazione biotecnologica. L’Unione Europea stima che ogni euro investito nella bioeconomia genererà un valore aggiunto di 10 euro nell’arco dei successivi dieci anni. In Italia, però, non sembra che questi dati abbiano un peso rilevante. Il Belpaese, infatti, stando al rapporto di Assobiotec, è fanalino di coda in Europa per tutti i parametri relativi agli investimenti in ricerca e sviluppo del sistema Paese e del comparto industriale, tanto che l’autofinanziamento è stata la forma si sostentamento principale per le imprese biotech che hanno deciso di innovare: nel corso del 2016 quasi i tre quarti di esse, il 72%, si sono finanziate in forma autonoma per supportare ricerca e sviluppo. Per sostenere le sfide che dovrà affrontare il settore delle biotecnologie nel prossimo futuro questo non è sufficiente: “Pensiamo che sia necessario imparare a guardare da una nuova prospettiva il cambiamento in atto, – ha affermato Palmisano – abbandonando alcune delle logiche fino a oggi utilizzate. Anche compiendo scelte coraggiose per permettere all’innovazione biotech nazionale di fungere davvero da impulso e da acceleratore della crescita del Paese, condividendo tra centri di ricerca, istituzioni e imprese non solo un linguaggio, ma soprattutto un piano d’azione comune e condiviso. Solo così potremo vincere questa sfida per il bene del settore ma anche dell’intero Paese”.

I Paesi che crescono maggiormente sono quelli in cui si guarda al futuro, attraverso investimenti in ricerca e sviluppo. Se l’Italia, se non vuole rimanere esclusa dal processo di cambiamento in atto, deve credere nell’innovazione e nelle sue eccellenze, in particolare nei settori strategici come le biotecnologie.
Il futuro è già qui, ma i dati ci dicono che, al momento, non siamo pronti ad accoglierlo.

La redazione
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