Future Society

La tecnologia aiuta il progresso umano, ma attenzione a come usarla

2 November 2020 | Scritto da Tech4Future.info

Non ha senso affrontare il tema dell’innovazione tecnologica senza metterlo in relazione all’essere umano, agli impatti che tale innovazione può produrre sulle persone, sulle aziende, sulle economie, sulle società… anche quando si parla di intelligenza artificiale e Blockchain. Ne abbiamo discusso insieme a Massimo Chiriatti, CTO Blockchain & Digital Currencies presso IBM, tecnologo, collabora con Università e consorzi per eventi di formazione sull'economia digitale

A cura di Nicoletta Boldrini

“Preferisco sempre parlare di tecnologia in relazione all’essere umano, non riesco a separare le due cose perché credo che solo una visione congiunta ci possa davvero far comprendere i trend evolutivi”.

Esordisce così Massimo Chiriatti, CTO Blockchain & Digital Currencies presso IBM, impegnato con diverse Università e consorzi per eventi di formazione sull’economia digitale, al quale abbiamo voluto rivolgere alcune domande sul ruolo delle tecnologie, e la velocità con la quale arrivano nelle nostre vite, rispetto al nostro futuro come esseri umani.

Guardando lo scenario attuale che stiamo vivendo mettendo in relazione tecnologia ed essere umano, notiamo che ci sono, in questo quadro, tre differenti velocità di cambiamento:

  1. la velocità di cambiamento della tecnologia (che raddoppia le proprie capacità ogni 18 mesi);
  2. il relativo cambiamento economico (all’accelerazione della tecnologia corrisponde il dimezzamento del suo costo per arrivare al grande pubblico) [la legge di Moore può essere letta sia dalla prospettiva tecnologica sia da quella economica – nda];
  3. la velocità del cambiamento culturale, ossia dell’adattamento dell’uomo rispetto all’innovazione tecnologica che viene introdotta nel mercato e nella società (velocità molto più lenta rispetto alle altre due).

“La velocità di cambiamento biologico è poi ancora più lenta dell’adattamento culturale”, osserva Chiriatti. “Le diseguaglianze che si stanno creando (sia a livello macro tra Stati, Geografie, mercati e società; sia a livello micro tra esseri umani) nascono a causa di queste diverse velocità di cambiamento che rendono disomogenea la capacità di adattamento”.

 

Investire in formazione perché crea opportunità e ritorni. La paura latente della perdita del lavoro, a causa di robot e sistemi basati su intelligenza artificiale, va correlata non tanto all’arrivo di nuove tecnologie quanto alla tipologia di lavoro stessa: “ci sono lavori ripetitivi, sia manuali che cognitivi, che indubbiamente verranno svolti solo dalle macchine perché molto più veloci, efficienti e precise degli esseri umani – sottolinea Chiriatti – ma questa potrebbe essere una grandissima opportunità per consentire a noi esseri umani di fare lavori non ripetitivi, quelli che chiedono una personalizzazione e che richiedono le straordinarie capacità creative e comunicative umane”.

Ci sono attività “prevedibili” (perché ripetitive, spesso anche faticose e persino pericolose) che sono facilmente codificabili (tradotte in codice affinché possano essere svolte da una macchina); ci sono invece moltissime attività – dense di comunicazione (non solo verbale) – le cui prestazioni dipendono da abilità degli esseri umani che le macchine non possono replicare o emulare.

Le macchine sono perfette nelle transazioni ma non nelle relazioni; la discriminante sarà quindi questa, transazioni verso relazioni. “Se è vero che alcune attività saranno completamente svolte da sistemi tecnologici automatizzati – puntualizza Chiriatti – è altrettanto vero che moltissime professioni non spariranno, magari troveranno beneficio dalle macchine ma queste non sostituiranno l’essere umano; non solo, nasceranno anche nuove figure professionali, nuove competenze e saranno richiesti nuovi talenti. Secondo me è su questo che dobbiamo concentrarci oggi, altrimenti rischiamo di ampliare quello che già iniziamo a vedere in termini di gap di competenze richieste rispetto a quelle realmente disponibili”.

L’impatto delle tecnologie emergenti, in particolare robotica e intelligenza artificiale, sul mondo del lavoro è innegabile ed è quindi importante pensare oggi a come gestire al meglio tale impatto; tuttavia, nella visione di Chiriatti, “sarebbe meglio investire in educazione e formazione anziché pensare a nuove tassazioni (tipo la tassa sui robot) o ad una distribuzione di un reddito di base. “L’investimento in formazione crea opportunità ed occupazione, cosa che non fa il reddito di base. Investire significa avere un ritorno di cui tutti potranno beneficiare in termini di benessere e ricchezza per il Paese. La redistribuzione del reddito è un tema importante, ma credo che prima si debba investire nel cambiamento culturale, per fare in modo che quella terza velocità di cambiamento si possa allineare a quella dell’innovazione tecnologica”.

“Il nostro progresso come esseri umani lo abbiamo sempre avuto quando siamo riusciti a liberarci di lavori faticosi, pericolosi, ripetitivi… per dedicarci ad altro che ci ha fatto crescere come persone, come economie, come società”, invita a riflettere Chiriatti. “Dobbiamo investire adesso nel cambiamento culturale; attendere è pericoloso perché la crescita esponenziale delle tecnologie renderà ingestibile in futuro tale adeguamento”.

 

L’Europa “vince” per la sua attenzione ai cittadini. Proseguendo su questa analisi, nel dubbio che la sovranità nazionale dei singoli Stati possa essere “debole” e poco attenta a tali richiami (di investimenti e impegno al cambio culturale), chiediamo allora a Chiriatti: “Qual è il ruolo politico e sociale dei Governi sovranazionali nello stimolare e supportare investimenti in questa direzione? Può l’Europa avere un ‘peso’ di fronte a USA e Cina che, soprattutto sul fronte dell’intelligenza artificiale, battagliano per la supremazia tecnologica?”.

“Io tendo ad avere una visione positiva su questi aspetti – risponde Chiriatti -. La cultura americana è ‘market driven’, è una società capitalistica che ha nel libero mercato il suo potere; la cultura cinese pone il potere nelle mani dello Stato, è quindi una cultura ‘state driven’. A mio parere in Europa siamo fortunati (io sono contento di essere europeo): in Europa non siamo guidati dalle logiche di business delle aziende, non siamo nemmeno ‘telecomandati’ dallo Stato; l’Europa ha una cultura ‘citizen driven’ (così come i suoi Stati membri), il suo valore sta nei cittadini che vanno protetti e tutelati. Io sono convinto che nel lungo periodo, questa cultura sarà premiante anche rispetto al business: anche le aziende, in futuro, si differenzieranno per il valore umano, per come utilizzeranno, anche in senso etico, le tecnologie”.

Il valore dell’uomo sta comunque emergendo anche di fronte all’utilizzo delle tecnologie emergenti (sistemi e tecniche di intelligenza artificiale in primis): “perché queste tecnologie possano davvero produrre un valore in azienda, devono essere pervasive ed utilizzate dalle persone”, fa notare Chiriatti, “con una attenzione particolare all’utilizzo dei dati e alla tutela delle persone. Io sono convinto che il modello europeo, che punta proprio ad una governance del progresso tecnologico che tiene conto dell’Uomo (inteso come esseri umani), sia quello vincente e credo anche che sarà preso a modello da altri Stati (come già sta avvenendo, per esempio, con il GDPR)”.

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