Cambiamento climatico e ambiente

L’industria tessile fra le realtà più inquinanti: cresce la moda sostenibile

9 August 2019 | Scritto da Valentina Cosenza

L’inquinamento è sempre più una minaccia oltre che per la nostra salute, anche per il nostro futuro e per quello del pianeta. Fra le moltissime fonti d’inquinamento, l’industria tessile contribuisce in maniera sostanziale.

La nostra maglietta preferita, il jeans che non entra più e quelle scarpe che usiamo di rado, se costruite o tinte con materiali inquinanti, hanno contribuito a danneggiare e a consumare risorse vitali. Basti pensare che, anche solo lavando i nostri vestiti, ogni anno rilasciamo nell’oceano mezzo milione di tonnellate di microfibre, l’equivalente di 50 miliardi di bottiglie di plastica. La tintura dei tessuti, invece, risulta essere addirittura al secondo posto fra le maggiori cause di inquinamento dell’acqua sul pianeta: basti pensare che per realizzare un paio di jeans ne sono necessari 7.500 litri. All’inquinamento si vanno ad aggiungere le emissioni di gas serra: l’8% di quelle globali sono riconducibili all’industria dell’abbigliamento e delle scarpe. Se questi dati ancora non bastassero, un’idea più chiara ce la fornisce la Ellen Mac Arthur Foundation, secondo cui il settore tessile, con i suoi 1,2 miliardi di tonnellate annuali di CO2 emessa, supera la somma delle emissioni dovute al trasporto aereo o marittimo.

 

L’impatto ambientale dell’industria della moda però, non si ferma solo alla produzione di capi di abbigliamento, ma continua anche nelle case di chi li acquista. Questo è il danno di una società sempre più lineare, preda della moda “usa e getta”. Basta un semplice click per acquistare nuovi capi di tendenza che smettiamo di indossare in ancor meno tempo. Quindi il pianeta non solo subisce le scelte di produttori non attenti alle problematiche ambientali, ma anche agli acquisti poco consapevoli dei consumatori. Un sondaggio del fashion business “The State of Fashion 2019” realizzato da Bof-McKinsey ci apre gli occhi proprio su questo panorama: il consumatore medio acquista il 60% di capi in più rispetto a 15 anni fa, conservandoli per minor tempo. Infatti, una ragazza inglese su tre considera vecchi addirittura i vestiti dopo averli indossati una o due volte, considerando poco bello essere immortala in più di una foto con lo stesso outfit. Ad oggi l’85% dei vestiti prodotti finisce in discarica mentre solo l’1% viene riciclato. Alcuni lo chiamano shopping terapeutico, per altri può rappresentare una vera e propria malattia. In qualsiasi caso, a risentirne di più rimane sempre e solo il pianeta che si trova a impegnare risorse preziose per capi di vestiario che hanno sempre minor durata negli armadi delle persone.

 

Qualcosa si sta muovendo. Con la firma della Carta per l’azione climatica delle Nazione Unite da parte della Vf Corporation, la più grande azienda mondiale di abbigliamento che include marchi importanti tra cui The North Face, Vans, Eastpak, Timberland e Napapijri, qualcosa sta cambiando. Si sta affermando sempre di più quella che è chiamata moda sostenibile, ovvero la produzione di abiti nel rispetto dell’ambiente e dei lavoratori. Secondo alcuni dati di Lyst, la piattaforma globale di ricerche di moda, l’aumento di interesse verso la moda sostenibile si sta ampliando in tutto il mondo con il primo posto in classifica riservato alla Finlandia, mentre l’Italia compare al 12esimo posto con un aumento del 78% di acquisti di capi d’abbigliamento sostenibili da ottobre 2018 a marzo 2019.

 

Sono tanti i brand che negli ultimi anni prestano maggiore attenzione allo sviluppo di capi sostenibili e alcuni di questi vengono premiati al Green Carpet Fashion Awards, una manifestazione giunta lo scorso anno alla seconda edizione organizzata, presso il Teatro alla Scala, dalla Camera Nazionale della Moda Italiana ed Eco-Age con il supporto del Ministero dello Sviluppo Economico, ICE Agenzia e del Comune di Milano, con lo scopo di premiare l’impegno delle case di moda in materia di sostenibilità. Aziende che mettono in pratica nuovi spunti e alternative meno inquinanti. Come ad esempio il brand Wrad il quale è riuscito ad avere risultati importanti nel campo della tintura utilizzando grafite naturale e riciclata. È sua l’invenzione del tutto sostenibile di capi realizzati con la Fibra di Menta. Sul Green Carpet, tra i premiati, erano presenti anche gli artigiani di Ferragamo che hanno creato l’abito indossato per l’occasione da Julianne Moore, presente alla cerimonia, tessutocon un materiale innovativo ricavato dalla plastica recuperata dal mare e trasformata in filato. Anche un’azienda di Bolzano chiamata Frumat leather ha ricevuto un riconoscimento per la straordinaria abilità nel ricavare un materiale chiamato Apple Skin:un’ecopelle del tutto vegana poi utilizzata per la creazione di scarpe, realizzata con bucce e torsoli di mele biologiche scartati durante la lavorazione industriale.

 

Oltre i vincitori, sono tante altre le curiosità che nascono all’interno del mondo della moda sostenibile, come Orange Fiber, una star up di Catania che utilizza il pastazzo, ossia lo scarto delle arance siciliane, per la creazione dei tessuti, oppure il brand Waistemade di Cigognola Pavia che ricicla copertoni di biciclette usati per realizzare cinture ecosostenibili e vegane. Anche Ecodream, un’azienda di Borgo San Lorenzo, a Firenze, ha sviluppato l’idea di riutilizzare scarti di produzione tessili e camere d’aria per produrre borse di qualità. Nascono anche i gioielli etici costruiti con materiale riciclato, in modo da evitare l’inquinamento prodotto da arsenico e mercurio solitamente utilizzato per produrre oro e diamanti.

C’è anche chi non si ferma solo all’aspetto produttivo, ma chiede ai suoi clienti di agire. Come il marchio Timberland che nei suoi negozi da ormai qualche tempo posiziona dei contenitori per i clienti che desiderano gettare scarpe che non utilizzano più di qualsiasi marchio e in qualsiasi condizione. Quest’ultime vengono poi raccolte e acquistano nuova vita per la produzione di altri articoli. Burton Italia, azienda leader nell’ambito dello snowboard, oltre ad un’attenzione maggiore alla moda sostenibile organizza delle giornate aperte a tutti per ripulire insieme le montagne dai rifiuti che si sono accumulati durante l’inverno.

Non è facile cambiare le abitudini e la mentalità dell, ma certamente li si può aiutare a comprendere quanto possa fare la differenza non gettare abiti che semplicemente non piacciono più. Tutto può acquistare una nuova vita. È importante che il concetto di moda sostenibile continui a svilupparsi insieme a tutto ciò che contribuisce all’eliminazione dell’inquinamento ambientale, perché altrimenti il problema non sarà più “non ho niente da mettermi”, ma sarà “non ho un ambiente in cui vivere”.

Valentina Cosenza
Valentina Cosenza

Valentina Cosenza è laureanda in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano e appassionata di tutto quello che concerne l'ambito della scrittura e della lettura, rimedio efficace per ogni sorta di preoccupazione. Giornalista presso La Settimana di Saronno si occupa principalmente di attualità, fatti di cronaca e eventi culturali.

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