Robotica e AI

L’intelligenza artificiale? Può essere pop!

16 May 2019 | Scritto da Thomas Ducato

Abbiamo intervistato Emanuela Girardi, fondatrice dell’associazione Pop Ai - Popular Artificial intelligence e componente del pool di esperti del MISE sull’intelligenza artificiale

La rivoluzione tecnologica a cui stiamo assistendo avrà un forte impatto nella nostra società e nessuno deve rimanere indietro. Questo concetto, che ripetiamo spesso negli articoli e negli eventi di Impactscool, sta alla base delle attività di “Pop Ai – Popular Artificial intelligence”, associazione nata con l’obiettivo di rendere l’intelligenza artificiale una tecnologia “pop”, alla portata di tutti.

Ne abbiamo parlato con Emanuela Girardi, fondatrice dell’associazione e componente del pool di esperti del MISE sull’intelligenza artificiale

 

Emanuela come è nata Pop Ai – Popular Artificial intelligence?

L’associazione è nata per portare a tutti l’Intelligenza Artificiale. Quando ho iniziato a studiare queste tecnologie mi sono resa conto che la maggior parte delle persone non sapeva cosa fosse l’IA, nonostante il suo grande impatto in tantissimi settori della società. E, come spesso accade quando non si conosce qualcosa, lo si teme, infatti in molti consideravano queste tecnologie come qualcosa di cui aver paura, pensando a una sorta di Terminator, o a un di Grande Fratello che ci controlla 24 ore al giorno. Per non parlare del timore molto diffuso che l’IA ci prenderà il posto di lavoro. Questo quadro mi ha spinto a creare l’associazione, per spiegare alle persone cos’è l’intelligenza artificiale e quali sono le sue potenzialità e i suoi impatti. Un modo per far arrivare l’IA a tutte le persone, con un principio simile a quello utilizzato da Andy Warhol con l’arte pop degli anni ’80.

 

In che senso?

L’arte era vista come una cosa elitaria e si rivolgeva solo a pochi. Con il movimento della pop art, l’arte ha raggiunto tutti: ognuno poteva capirla, interpretarla, goderne e trarne dei benefici.
Anche il nome dell’associazione, Pop AI, prende spunto da questo collegamento.

 

A chi si rivolge l’associazione?

Si rivolge a tutti. Vogliamo creare cittadini digitali, aiutando le persone a sviluppare competenze e conoscenze che in molti, purtroppo, oggi non hanno. O facciamo qualcosa o rischiamo di amplificare ulteriormente il digital divide, ci saranno sempre più cittadini emarginati, che non hanno la possibilità di integrarsi nella nuova AI Society e godere dei suoi benefici.

 

Come si concretizza questa mission? Quali sono le vostre attività?

Stiamo organizzando attività di formazione e divulgazione sull’intelligenza artificiale. Abbiamo anche in programma un Festival dell’Intelligenza artificiale, che sarà il prossimo autunno a Torino. L’obiettivo della manifestazione sarà proprio quello di far toccare con mano alle persone l’IA e i suoi impatti, con un approccio esperienziale. Il focus sarà sull’intelligenza artificiale nella nostra vita: analizzeremo come queste tecnologie possono impattare sulle nostre città, sulla mobilità, la casa, la salute, scuola e lavoro, sulla formazione, l’economia familiare e quella globale, ma anche sui rapporti personali e il nostro tempo libero. Useremo esempi concreti, dalla smart home all’auto a guida autonoma, in modo da immergere i partecipanti in una società popolata dall’intelligenza artificiale. Tra i temi che affronteremo, ci saranno anche i risvolti etici e sociali, che saranno davvero importantissimi per lo sviluppo e diffusione di queste tecnologie.
Avremo laboratori, conferenze, uno spazio dedicato alle startup e uno al binomio intelligenza artificiale – arte.

 

Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sta avvenendo a una velocità esponenziale. Quali saranno gli impatti più importanti (sia positivi che negativi) che avremo nel prossimo futuro?

Gli impatti saranno moltissimi e toccheranno ambiti molto diversi tra loro. L’impatto positivo più importante secondo me sarà dal punto di vista economico: se ben sfruttata l’intelligenza artificiale sarà un’opportunità incredibile, soprattutto per le aziende italiane che sono ancora impegnate nel passaggio all’industria 4.0 , e che con le nuove tecnologie dell’IA potranno migliorare produttività e competitività e favorire lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese.
Un altro settore in cui queste tecnologie porteranno dei grandi benefici è quello medico, grazie alla creazione e condivisione di enormi database mondiali e all’analisi dei dati, l’IA riuscirà ad aiutare nella  diagnosi e nella cura di molte malattie. Ad esempio il progetto europeo Mega (Million European Genome Alliance), firmato da 13 paesi europei fra cui l’Italia, sta creando la più ampia banca dati dei genomi umani accessibile al mondo che servirà a conoscere e a trattare meglio malattie rare, neurodegenerative e tumori e permetterà la nascita di nuove strategie di medicina personalizzata e di prevenzione.

In generale, però, serviranno linee guida etiche, leggi e regolamenti: basti pensare alla guida autonoma che porterà di sicuro benefici, con più sicurezza e meno incidenti, ma sarà fondamentale definire il quadro normativo di riferimento e le linee guida etiche da seguire nello sviluppo e training degli algoritmi utilizzati.
L’altro rischio che vedo, come accennavo prima, è quello di creare degli “emarginati digitali”.

 

Ci sono Paesi nel mondo che hanno investito in modo importante in questa tecnologia. Qual è la situazione italiana?

La risposta più banale è che servirebbero più soldi. Rispetto ad altri Paesi europei in questo momento gli investimenti sono molto inferiori, ma credo che arriveranno. Finanziamenti importanti ci saranno anche nel prossimo programma Horizon Europe 2021-2027, in cui saranno stanziati 2 miliardi e mezzo di Euro solo per l’intelligenza artificiale. Al momento in Italia il mondo della ricerca ha pochi fondi e fatichiamo a trattenere le nostre eccellenze.

La chiave per sfruttare il vantaggio strategico dell’IA sono proprio ricerca e trasferimento tecnologico verso le aziende ed è qui che dovremo investire per essere pronti ad accedere ai fondi di Horizon 21-27 sull’IA.

Dobbiamo anche lavorare sul concetto di ecosistema, che in Italia un po’ manca: le realtà che operano nel settore devono essere assolutamente collegate, non solo in una strategia nazionale ma anche in un quadro europeo. Siamo indietro, ma possiamo recuperare, ci sono persone molto competenti e soprattutto c’è voglia di fare.

 

A proposito di questo, lei è stata selezionata nel pool di esperti del MISE sull’IA. Come stanno andando i lavori e qual è il contributo che lei personalmente vuole portare all’attività del gruppo?

Stiamo lavorando a un documento che ha una parte strategica e di vision e una di recommendation, in cui proponiamo al governo di sviluppare e portare avanti questo ecosistema. La Strategia italiana per l’IA, pur mantenendo una specificità legata alle caratteristiche e al contesto del nostro Paese, segue le linee guida del piano coordinato per lo sviluppo e l’utilizzo dell’IA in Europa, definito e concordato dagli Stati membri dell’Unione nel 2018.

Io ho partecipato ai lavori del gruppo che si è occupato dei dati come risorsa dell’intelligenza artificiale. Ci siamo concentrati su come promuovere un’economia dei dati e in particolare, come supportare le imprese a raccogliere i dati, utilizzarli e valorizzarli preservando i propri vantaggi competitivi e i segreti aziendali. I dati devono essere condivisi e allo stesso tempo protetti. La condivisione dei dati, infatti, è fondamentale per lo sviluppo dell’IA, ma dobbiamo preservare la competitività delle nostre aziende. All’estero c’è già qualche modello interessante da cui prendere spunto sulla condivisione di dati tra aziende della stessa filiera, per esempio il Data Space sull’Automotive in Germania.

 

Ha citato prima la creazione di un ecosistema europeo. Un ruolo importante in questo senso potrebbe essere svolto da CLAIRE. Questa realtà ha da poco aperto 5 uffici in tutta Europa, di cui uno in Italia. Lei fa parte del team italiano di CLAIRE, quali attività sono in programma per i prossimi mesi e quali obiettivi vi siete posti?

L’IA è un insieme di tecnologie con la potenzialità di cambiare radicalmente le nostre società, è assolutamente fondamentale avere in Europa un centro indipendente per lo sviluppo delle tecnologie dell’IA che sia improntato sui valori europei e che rappresenti la base su cui costruire l’ecosistema che citavo prima: con CLAIRE stiamo proprio creando una AI community europea per sviluppare una “AI made in Europe”.  Siamo in una fase iniziale del progetto ma ad oggi il network comprende già oltre 2900 ricercatori e AI policy makers che hanno direttamente sottoscritto la visione di CLAIRE, e 267 laboratori e istituti di ricerca che formano un network di oltre 14.000 persone. In Italia ci stiamo presentando agli interlocutori istituzionali e alle aziende e stiamo creando un network nazionale ed europeo con le Università, i laboratori di ricerca, le Amministrazioni Pubbliche e le aziende.

Mettendo insieme le eccellenze nella ricerca in AI che abbiamo in Italia e in Europa con le competenze presenti nelle nostre aziende riusciremo a portare grandi benefici economici e sociali alle nostre società e ai cittadini italiani ed europei.

Thomas Ducato
Thomas Ducato

Direttore di Impactscool Magazine. Laureato in Editoria e giornalismo all’Università di Verona e giornalista pubblicista dal 2014, si occupa delle attività di ufficio stampa e comunicazione di Impactscool, curandone anche i contenuti, la loro diffusione e condivisione.

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