The ethics of

Etica e automazione: responsabilità nel mondo dell’educazione

10 May 2019 | Scritto da Cristina Pozzi

Il processo dell’automazione industriale porta con sé impatti sul mondo del lavoro, che richiedono interventi sulla formazione di ogni ordine e grado. Questa necessità è una responsabilità che riguarda tutti: chi sviluppa, chi adotta e chi è preposto alla regolamentazione delle tecnologie emergenti è chiamato a partecipare. La formazione diviene dunque uno dei campi di impatto etico dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie che mi propongo di affrontare in questa serie di articoli.

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Le linee guida etiche stese dal gruppo di esperti di alto livello della Commissione Europea uscite in una prima bozza a dicembre e successivamente poche settimane fa in una versione definitiva, affrontano il tema delle implicazioni etiche legate allo sviluppo e all’adozione dell’intelligenza artificiale parlando anche espressamente del tema della formazione intesa sia in termini di divulgazione e aumento della consapevolezza di opportunità e rischi di questa tecnologia dirompente, sia in termini di preparazione al mondo del lavoro che verrà: chi utilizzerà questi sistemi sul lavoro dovrà saperli usare al meglio.
Ma gli impatti dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro sono molto più pervasivi e devono essere legati alla formazione a tutti i suoi livelli: scolastico per rispondere ai cambiamenti a medio/lungo termine sugli scenari lavorativi, universitario/professionale per gli scenari a breve termine. Per formare nel primo caso i professionisti di domani e per reperire nel primo caso le competenze necessarie già oggi.

Questo articolo non ha l’ambizione di offrire una trattazione esaustiva dell’argomento, che è uno dei più complessi del nostro secolo, ma cercherà di suggerire alcuni punti di vista utili per una riflessione.
Innanzitutto, proverò ad analizzare un punto di vista tradizionale, nel quale l’interesse primario dell’istruzione è strettamente legato alla produzione di valore economico. A seguire proverò a esplorare anche un’impostazione diversa che potrebbe rappresentare la vera rivoluzione copernicana che vedremo nei prossimi anni.

 

IL PUNTO DI VISTA TRADIZIONALE

Anche quando parliamo apertamente di una disruption del mondo dell’istruzione, molto spesso ci muoviamo nel nostro ragionamento all’interno di uno schema che è recente e che tendiamo a dare per scontato. Un sistema legato alla rivoluzione industriale e ad un’economia capitalista come descritta da J.Stuart Mill nel XIX secolo, che ruota attorno al concetto di capitale umano come valorizzazione dell’apporto che i futuri lavoratori potranno dare al GDP di un paese.
L’istruzione, il cui valore diviene così quantificabile, in questa prospettiva non è più solo un diritto civile ma anche un’interessante forma di investimento per i governi che sanno guardare a un orizzonte temporale medio-lungo.
Siamo dunque di fronte a un perfetto incontro di interessi del singolo e della collettività e la capacità delle industrie di assorbire i lavoratori ne garantisce il funzionamento.
Oggi questa capacità è in crisi: senza un trend continuo di crescita economica e con l’avvento di un processo di automazione che porta con sé scossoni e cambiamenti repentini, il sistema trema.
Non siamo infatti in grado di allineare domanda e offerta sotto due punti divista.
Prima di tutto i tempi di produzione (la formazione e la conseguente l’offerta di lavoratori) non sono abbastanza rapidi da rispondere alla domanda delle imprese; inoltre vengono “prodotti” lavoratori che non rispecchiano il profilo richiesto dal mercato.
Per dirla più semplicemente: nuovi lavori nascono ma pochi sono formati per poterli svolgere, molti lavoratori arrivano sul mondo del lavoro con competenze che non servono più.
Questo concetto è spesso chiamato Skills Mismatch.

Come intervenire?

Possiamo distinguere due tipologie di interventi in base all’arco temporale preso in considerazione.
Importante: entrambe le impostazioni hanno pari priorità: Quando siamo su una barca che rischia di affondare per un danno alla chiglia dobbiamo sia togliere l’acqua che sta entrando ma anche riparare il guasto. Se non si fanno entrambe le cose si affonda lo stesso. Il primo è un intervento che ci aiuta a breve termine, il secondo è un intervento che ci permette di non ritrovarci costantemente in difficoltà nel lungo termine.
Nella stessa logica quindi dobbiamo intervenire subito sia nel creare i nuovi professionisti richiesti dal mercato a vantaggio sia dell’economia sia del singolo individuo, e allo stesso tempo intervenire da subito sull’intero sistema. Questo secondo tema è particolarmente complesso perché ci impone di decidere ora come intervenire per un futuro che non conosciamo.

Ma procediamo con ordine.

 

1. Punto di vista di medio-lungo termine: l’educazione dei più piccoli

Partiamo dalle necessità di medio-lungo termine. In questo caso dobbiamo focalizzarci sulla scuola e, quindi, sui giovani.
Se tra 15 anni chi starà entrando nel mondo del lavoro sarà formato adeguatamente non avrà più le stesse difficoltà che riscontriamo oggi.
Ma come dovremmo formare i giovani se non sappiamo in quale contesto si troveranno a lavorare?
Il recente WORLDWIDE EDUCATING FOR THE FUTURE INDEX 2018, rilasciato da The Economist e la fondazione Yidan Prize e al suo secondo anno, ha stilato una classifica dei paesi che sono più all’avanguardia nel settore dell’istruzione mettendo al primo e al secondo posto Finlandia e Svizzera premiate per la capacità di formulare e rivedere in un meccanismo continuo le policy legate all’istruzione al fine di supportare l’insegnamento delle competenze ritenute utili per il futuro.

 

 

L’Italia e l’innovazione scolastica

L’Italia in questo indice si posiziona ventiduesima su cinquanta paesi considerati con uno scarto dal primo notevole in termini di valore: la Finlandia ha un punteggio totale di 80.9 su 100, l’Italia di 56.6 su 100.

Il punteggio è basato sulla capacità adattiva del sistema regolativo e sull’ambiente socioeconomico.

Adattare il sistema scolastico è un intervento lungo e costoso che non restituisce risultati nel breve termine. Per questo motivo diventa difficile per una situazione politica instabile, investire in un cambiamento più profondo. Inoltre, volendo far ricorso ai privati, si tratta di un business poco remunerativo a meno di non essere offerto solo a un’elite in grado di sostenere costi più elevati della media. Le soluzioni che arrivano da privati infatti riescono a essere sostenibili solo con tariffe costose per gli studenti e le loro famiglie. Questo non solo non risolve il problema, ma rischia di creare divisione sociale tra chi ha potuto sviluppare nuove competenze e chi no.

 

Percorsi orientati al futuro

Ad oggi, volendo inserire uno studente in un percorso orientato al futuro, gli strumenti disponibili sono:

  • scuole private;
  • singole sperimentazioni all’avanguardia a livello locale (esistono grandi eccellenze sparse per l’Italia, ma ancora troppo poche per essere disponibili per tutti. In questo caso l’accessibilità non uguale per tutti è dettata da fattori geografici);
  • grandi aziende che attraverso l’alternanza scuola lavoro o progetti di responsabilità sociale organizzano attività nelle scuole;
  • fondazioni che promuovono attività di formazione per studenti e docenti;
  • aziende che lavorano nella ricerca, selezione e somministrazione di personale che fanno formazione già a partire dal livello scolastico superiore di secondo grado al fine di avere a disposizione profili che rispondono alle esigenze dei clienti.

Un ostacolo all’evoluzione del sistema pubblico è che i meccanismi premianti nei confronti di docenti e direttori scolastici sono quasi inesistenti e gli strumenti a disposizione delle iniziative individuali a volte restano inutilizzati o per mancanza di motivazione o perché resi complessi dalla tanta burocrazia che richiedono.
È importantissimo notare che qui il problema non è di mancanza di visione: il Ministero ha steso un piano molto chiaro e coerente con le nuove metodologie scolastiche più interessanti studiate e applicate anche in altri paesi.
Nel Piano Nazionale della Scuola Digitale si parla di materie STEM, riduzione della disparità di genere, metodi interattivi, flipped classroom, peer education, etc. Il problema è di esecuzione: va riconvertito il processo. I docenti vanno formati per questo nuovo approccio all’istruzione e parliamo di un gruppo di più di 800.000 docenti nel 2018/2019.

 

Come intervenire?

Gli interventi necessari a questo livello sono tre:

  1. formazione integrativa da offrire agli studenti che sono ancora inseriti in percorsi tradizionali;
  2. formazione graduale dei docenti attualmente al lavoro perché possano iniziare a utilizzare nuovi metodi e a portare nuovi contenuti in classe;
  3. formazione dei giovani futuri insegnanti in chiave moderna (a cura di università e enti formativi per docenti).

Va aggiunto anche un altro tema importante: puntare alla parità di genere nelle materie STEM non è solo una buona idea in termini di diritti delle donne, ma anche dal punto di vista della crescita economica. Se non includiamo le donne tra coloro che possono ricoprire i nuovi ruoli offerti dalla rivoluzione tecnologica, non avremo in ogni caso abbastanza lavoratori per rispondere alle necessità del mercato.

Per ottenere questo ambizioso obiettivo è necessario lavorare sull’ispirazione delle bambine da quando sono piccole per mostrare loro che esiste un futuro nel quale possono, se lo vorranno, seguire studi e carriere in questo ambito.

 


Cosa fa Impactscool in questo contesto?

Impactscool offre con la sua attività no profit e attraverso un protocollo d’intesa siglato con il MIUR a inizio 2018, formazione a docenti (punto b) delle scuole superiori secondarie e a studenti (punto a) dai 14 anni in su (scuole superiori secondarie + università).

Il programma prevede

    • nuovi contenuti inerenti le tecnologie emergenti, al fine di fornire una conoscenza di base su cosa siano e su quale importanza possono ricoprire nel futuro;
    • nuovi metodi di insegnamento: dibattiti, giochi di ruolo, hackathon, design thinking;
    • una vera e propria nuova materia che permette di dare strumenti di consapevolezza e responsabilità sui grandi temi globali della nostra epoca: il futuro.

 

Ma a cosa serve studiare il Futuro a scuola?

I metodi didattici utilizzati da Impactscool sviluppano le seguenti competenze trasversali e attitudini, sempre più richieste nell’attuale periodo storico:

  • spirito critico;
  • capacità di astrazione e creatività;
  • problem solving;
  • capacità di comunicazione;
  • capacità di collaborazione;
  • ragionamento analitico;
  • ragionamento logico-deduttivo;
  • capacità di essere attori in un contesto di peer education.

Lo studio del futuro a scuola è già sviluppato da qualche decennio in paesi come l’Australia, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e la Finlandia e anche in molti altri paesi si stanno sviluppando sperimentazioni volte a portare questa materia nei programmi scolastici.
Grazie a una riflessione guidata sul futuro i ragazzi e le ragazze sono aiutati a comprendere il proprio senso del futuro (individuale e collettivo) e a orientarlo: diventano cioè più consapevoli del proprio ruolo nell’influenzare il futuro.

Il processo permette di fare un percorso con gli studenti che passa dalle seguenti fasi:

  1. porsi domande aperte;
  2. imparare a fare ricerche rigorose;
  3. rivelare soluzioni creative basate su conclusioni logiche;
  4. sfociare su una profonda riflessione sulle questioni etiche e sociali.

Imparare a riflettere su possibili scenari futuri in modo responsabile e alle loro possibili implicazioni è una competenza che trascende le specifiche materie di studio e che vive al di là della classe creando cittadini responsabili.
Tutti i materiali che sono utilizzati da Impactscool vengono forniti gratuitamente ai docenti in formula creative commons in modo da permettere loro di replicare le attività in autonomia.
Le attività si moltiplicano ogni giorno grazie ai docenti man mano formati e anche grazie agli Ambassador Impactscool, volontari che supportano la no profit con il proprio tempo e le proprie competenze.

A maggio sarà inoltre disponibile un libro pensato per mettere nelle condizioni educatori o genitori di fare questi “esercizi di futuro” anche con i più piccoli con grande facilità. In questo modo sarà possibile iniziare a lavorare col futuro già dai 6 anni in su.

 

2. Punto di vista di breve termine: dare strumenti al mercato

Nel breve termine possiamo evidenziare le seguenti necessità:

  • fornire alle aziende che desiderano investire in nuove tecnologie che sono cruciali per lo sviluppo economico i profili necessari (tecnici, data-scientist, ricercatori) sia riconvertendo coloro i quali sono impiegati oggi in un lavoro destinato ad essere sostituito nel breve termine da un robot o da un algoritmo sia formando i giovani che si affacciano sul mondo del lavoro;
  • fornire la formazione necessaria alle aziende e ai cittadini per comprendere le mutazioni in corso e utilizzare al meglio gli strumenti che hanno a disposizione. Se ad esempio la mia azienda adotta un software di intelligenza artificiale per il recruiting, devo essere in grado di leggere i dati e le risposte che mi offre in modo critico e comprendendone i limiti ma anche le potenzialità.

Il punto di vista a breve termine può sembrare a un primo sguardo il più urgente: senza queste condizioni le aziende non possono competere a livello globale, la pressione sociale diventa troppo forte e ostacola la crescita, senza contare che l’impiego delle nuove tecnologie senza la necessaria comprensione da parte di chi le utilizza può risultare in un effetto negativo a livello sociale.

 

Ma chi può farsi carico di questo tipo di formazione?

In questo caso abbiamo diversi approcci:

  • le aziende che cercano personale specializzato si fanno carico direttamente del processo di formazione al fine di inserire le nuove risorse nel proprio organico o di aggiornare quelle già presenti;
  • fondazioni e enti locali che offrono formazione professionale a coloro che hanno la necessità di riconvertirsi a un nuovo lavoro;
  • le aziende di selezione del personale che organizzano attività formative per rispondere alle esigenze delle aziende clienti;
  • i master offerti dalle università;
  • (le università che potrebbero proporre formazione flessibile e di breve durata a chi è già sul mondo del lavoro ma vuole acquisire nuove competenze per il futuro. Micro lauree o corsi fruibili singolarmente con orari di frequentazione accessibili a chi lavora)*;
  • le associazioni professionali che organizzano formazione e aggiornamento professionale per i priori associati;
  • gli enti privati di formazione che offrono corsi di specializzazione il cui costo è a carico del futuro lavoratore;
  • il governo che mette a disposizione fondi per la formazione da utilizzare nei contesti sopra esposti.

*non disponibile al momento.

 

Questa area di lavoro è apparentemente più semplice da un certo punto di vista dal momento che, essendoci domanda immediata, è possibile per i soggetti citati operare con un ritorno economico misurabile e concreto. C’è però anche qui il problema delle possibili diseguaglianze si rischia di lasciare indietro coloro che non sono in grado di accedere a una delle opzioni citate o non sono nemmeno consapevoli delle proprie esigenze in questo senso.

 


Cosa fa Impactscool in questo contesto?

Nel momento in cui un’azienda decide di adottare una nuova tecnologia o di cambiare radicalmente il modo in cui lavora, diventa molto importante la condivisione e comprensione della nuova visione per tutti i membri dell’organizzazione.

Impactscool lavora con le aziende al fine di fornire gli strumenti base di consapevolezza riguardo ai cambiamenti tecnologici e sociali oltre a strumenti di riflessione sul futuro come elemento strategico per la visione aziendale.
Le attività vanno dalla cura di eventi con speaker specializzati alla formazione interna, fino a progetti completamente personalizzati. Questa parte è gestita tramite un’attività for profit che permette di finanziare le iniziative della parte no profit.

Infine, per dare a tutti la possibilità di essere esposti a questi contenuti Impactscool offre anche eventi gratuiti che vengono organizzati grazie al supporto degli Impactscool Ambassadors. Stanno infatti nascendo veri e propri hub locali, chiamati Impactscool Future Vision Hubs, che organizzano eventi periodici di divulgazione aperti a tutti.

 

IL MODELLO DI INTERVENTO DI IMPACTSCOOL

 

I PILASTRI DI IMPACTSCOOL


 

RIVOLUZIONE COPERNICANA

Ora siamo pronti per provare a ipotizzare un sistema più dirompente rispetto a quanto esposto sopra, che vada a cambiare il punto di vista spostandosi dal concetto di capitale umano e puntando di più alla crescita personale. Come potrebbe cambiare il sistema formativo per tutte le età? Cosa dovremmo apprendere e valorizzare?
Parto da una considerazione: se educhiamo le persone con un processo meccanico, come macchine, le macchine, in un processo di automazione, saranno sempre in grado di sostituirle. Ma se educhi le persone come persone, allora avranno sempre qualcosa di completamente diverso da offrire rispetto a una macchina.

 

RIVOLUZIONE COPERNICANA: RIMETTERE AL CENTRO LA CURIOSITÀ

Qui sotto ho messo insieme un piccolo elenco di cose che potrebbero a mio avviso permetterci di ristabilire la centralità della persona nel processo educativo e di aggiornarne le competenze.

È d’obbligo aggiungere che in termini di contenuti non serve una rivoluzione copernicana ma solo un aggiornamento che, fatto 100% il tradizionale curriculum scolastico e il contenuto con cui viene insegnato, potremmo ipotizzare del 20% per rendere più al passo coi tempi alcune materie. Questo va oltre le innovazioni e sperimentazioni già presenti salvo rari casi.

  • Imparare ad imparare. Senza dubbio sarà sempre più importante essere costantemente in grado di imparare e reinventarsi. Sarà necessario farlo in continuazione e spesso in autonomia considerato anche il trend di aumento dei lavoratori freelance che dovranno curare la propria formazione. Senza la capacità di portare a termine un percorso e di valutare i propri risultati si rischia di sviluppare solo competenze e conoscenze superficiali. Pensiamo ad esempio ai numerosissimi MOOC, i corsi online che sono oggi facilmente disponibili a tutti e che permettono di formarsi su qualsiasi argomento. Questi sono uno degli strumenti fondamentali a un processo di “lifelong learning”. Ma quanti di voi hanno terminato tutti i corsi che hanno iniziato? Quanti saprebbero rispiegare ad altri quello che hanno appreso in modo efficace? Ma soprattutto, andreste domani a sostenere un esame orale o scritto approfondito? Se la risposta è no probabilmente non avete davvero imparato al massimo delle vostre possibilità e forse questo accade perché siamo tutti stati cresciuti in un sistema che ci segue passo passo in questo processo. Noam Chomsky parla di un sistema educativo che liberamente partecipativo e credo che questo concetto esprima bene la capacità di imparare in autonomia seguendo la propria curiosità.
  • Veniamo dunque al secondo punto: mettere al centro la curiosità e la crescita personale al fine di nutrire anche le nostre passioni. Non c’è nulla di più potente della motivazione che ha le sue radici nella passione.
  • E proprio perché la motivazione è importante, perché non utilizzare meccanismi di gaming in cui lo studente abbia la possibilità di salire di livello man mano che si acquisiscono nuove competenze anziché continuare a usare il sistema tradizionale dei voti?
  • Futuro. Imparare ad allenare il proprio senso del futuro e a navigare il cambiamento è e sarà una competenza fondamentale e, come evidenziato nello spiegare le attività di Impactscool, si tratta di una metodologia in grado di sviluppare competenze chiave come spirito critico, creatività, comunicazione, capacità di lavorare in gruppo e di fare analisi strutturate, riflessione etica. Questa dimensione di costruzione del carattere è fondamentale per affrontare qualsiasi scenario futuro ci troveremo di fronte.
  • Multidisciplinare: sviluppare la capacità di ragionare in modo multidisciplinare è importantissima per arrivare a una reale e profonda comprensione dell’argomento di studio e alimenta anche la capacità di imparare in autonomia in futuro.
  • Ritornare a un approccio di learning by doing anziché al concetto di imparare andando a scuola che ha caratterizzato gli ultimi secoli. Per questo è necessaria un’apertura alla sperimentazione e al fallimento, nonché all’esperienza pratica. Inoltre, questo punto significa anche uscire dalla classe, vivere esperienze nel mondo reale, interagire con le persone.
  • E visto che certamente in molti penseranno che questo sia un punto chiave, aggiungo anche che è corretto immaginare di imparare il coding e la fisica almeno nel breve periodo per comprendere una realtà che sarà profondamente pervasa da questi nuovi linguaggi. Ma queste non devono essere competenze apprese con l’obiettivo di divenire programmatori, perché anche quel tipo di lavoro potrebbe essere a rischio e perché si ricadrebbe nella logica dello sviluppo del capitale umano.

Un sistema di questo tipo rappresenterebbe un ottimo fondamento per un sistema in continuo fermento dove l’apprendimento di nuove competenze specializzanti in base alle richieste del mercato diventa più efficace e efficiente. La domanda da porsi qui però è: qual è il sistema sociale migliore per sostenere i costi di una (quella fondamentale) e dell’altra (quella specializzante) forma di formazione? Fino a dove i fondi dovrebbero essere governativi e da dove invece provenienti dalle aziende o dai privati?

 


Cosa fa Impactscool in questo contesto?

Il metodo e i contenuti di Impactscool sono studiati per rispondere alle logiche esposte sopra. Lavorare su uno o più futuri spinti dalla propria curiosità è un ottimo modo per studiare un concetto interdisciplinare, sperimentare senza che ci sia una cosa giusta e una sbagliata, per crescere come cittadini responsabili. Tra i nostri format abbiamo ideato anche un vero e proprio Hackathon che permette di inserire un p’ di gamification nel meccanismo di apprendimento grazie alla componente competitiva.
Dal momento che questa rivoluzione è lunga e complessa, iniziare a esercitare e testare un metodo di questo tipo con programmi di che possono arrivare a 60 ore l’anno è un primo inizio e permette di intervenire sia per dare strumenti in più a chi è già nel percorso scolastico, sia per preparare la strada a un cambiamento più profondo.


 

APPENDICE: ALCUNI CASI INTERESSANTI

In modo certamente non esaustivo aggiungo qualche esempio che può essere utile in questa riflessione.

A) Il caso della Cina
È di poche settimane fa la notizia che in Cina sarà insegnata l’Intelligenza Artificiale a tutti gli studenti dai 14 anni in su. La riforma è parte della strategia del colosso asiatico per diventare leader indiscusso nella ricerca e nello sviluppo dell’IA entro il 2030.

B) L’Università Bocconi ha inserito tra i corsi per i propri studenti la programmazione in Phyton, per dare a tutti una prima idea di cosa sia l’IA e la programmazione informatica. D’altronde qualsiasi lavoro del futuro avrà certamente a che fare con questa tecnologia.

C) Il piano della Finlandia: un piano per formare l’1% della popolazione sull’intelligenza artificiale al fine di riconvertire l’economia del paese, considerato anche il declino del gigante Nokia che per anni a trainato l’economia. Il piano prevede di formare circa 55.000 persone sui concetti fondamentali dell’IA e aumentare gradualmente il numero di persone coinvolte nei prossimi anni.
Quello che era Inizialmente un corso universitario gratuito si è evoluto in un programma nazionale finanziato grazie al supporto di 250 aziende e del governo.
Dal punto di vista strategico la Finlandia ha deciso di concentrarsi sulle applicazioni pratiche di questa tecnologia, ben consapevole del fatto che difficilmente avrebbe potuto competere con la ricerca di base che viene effettuata da USA e Cina.
Il corso va in questa direzione: non richiede infatti competenze di programmazione ma offre una panoramica sull’intelligenza artificiale e sulle opportunità e i rischi che porta con sé per coloro che non sono tecnici esperti in modo da dare gli strumenti per decidere quali utilizzi di questa tecnologia possono essere positivi e come vorrebbero che il proprio governo investisse i fondi a disposizione.

D) Digital Opportunity Traineeship
Pur con un alto tasso di disoccupazione giovanile oggi ci sono più di 3 milioni di nuove posizioni pubblicate in Europa da EURES, lo European Jobs Network.
Solo per il settore ICT ci sono 400.000 posti di lavoro non coperti in tutta Europa e circa il 40% delle aziende ha difficoltà enormi quando cerca risorse in questo campo, e la Commissione Europea stima che entro il 2020 i posti di lavoro vacanti saranno quasi raddoppiati.
Fortunatamente ci sono iniziative che cercano di ridurre questo gap come la Digital Opportunity Traineeships che supporterà fino a 6.000 studenti da qui al 2020 nello sviluppo delle skill digitali necessarie: cybersecurity, big data, quantum technology e machine learning, digital marketing o sviluppo software.
Gli studenti riceveranno 500 euro al mese che possono essere integrati da ulteriori fondi dalle aziende, per un periodo dai 2 ai 12 mesi.

Altri esempi sono il lavoro della Siemens Foundation con la Middle-Skill Initiative per formare i giovani che si affacciano sul mondo del lavoro al fine di renderli pronti a lavori in ambiti STEM; Year Up, che forma circa 4.000 giovani all’anno. O le iniziative di aziende come Salesforce con il suo programma Pathfinder, sviluppato con Deloitte per fornire le competenze tecniche e di business utili per entrare nel team di Salesforce, o la piattaforma Skills Academy di IBM.

Cristina Pozzi
Cristina Pozzi

Contributor

Cristina Pozzi si definisce una Future Maker, un’attivista che mira alla divulgazione del futuro e della riflessione etica sulle nuove tecnologie emergenti. È Co-fondatrice e Amministratore Delegato di Impactscool.

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