Future Society

È l’età d’oro della street art iper-tecnologica

10 January 2019 | Scritto da Guido Casavecchia

L’innovazione tecnologica sta rivoluzionando anche il mondo della street art, che negli ultimi anni è diventata sempre più spesso uno strumento di urban desing.

Si è chiusa il 4 dicembre scorso l’edizione 2018 di Memorie Urbane, il festival dell’arte di strada che dal 2011 trasforma le zone più trascurate delle città in un museo a cielo aperto, accessibile a tutti. Numerosi artisti internazionali hanno realizzato in 9 città italiane opere su muri, fruibili dagli spettatori attraverso le app Urbacolors (per geolocalizzarle) e KoinArt (microchip installato dietro la targhetta dell’opera e che invia radio frequenze allo smartphone, trasmettendo tutte le informazioni utili per il pubblico).

Ma gli street artist sono stati protagonisti anche dell’edizione 2018 di Modena Smart Life. Aziende, enti locali, associazioni, scuole e università hanno discusso del valore sociale, economico e strategico del dato digitale usando la street art, dimostrando come coniugarla con la tecnologia.

Nei musei l’innovazione tecnologica permette già da tempo di vivere esperienze di storytelling immersivo, di catalogare le opere attraverso il riconoscimento cromatico, intelligenza artificiale, machine learning e di ottenere informazioni sulle opere attraverso la messaggistica istantanea (con chatbot).

Ma è il settore della street art d’impresa che più si evolve. Si stanno creando forme di marketing innovativo che intercettino i nuovi gusti del pubblico. Ci si sposta sempre più verso il modello del museo a cielo aperto, più economico per l’assenza del biglietto d’ingresso e più affascinante perché itinerante e multiforme, permettendo di sperimentare di più.

Google nel 2017 ha commissionato a vari street artist il Data Center Mural Project. Obiettivo: rendere gradevole l’ambiente di lavoro per i propri dipendenti nei datacenter e promuovere il Google Street Art Project, un’app per mappare e taggare le opere d’arte urbana. L’azienda di Mountain View ha l’obiettivo di far vivere al consumatore le migliori esperienze possibili offrendo un prodotto che lo porti a scoprire l’arte urbana.

MAUA, invece, nata dalla start up BEPART, è un chiaro esempio di ridimensionamento delle città italiane. Con AR e VR, design, video, suoni e parole, permette di installare contenuti o fruire degli spazi urbani attraverso il proprio smart device e visori appositi.

Lo street artist Luis Valle installa targhe sulle sue opere che, inquadrate con lo smartphone, permettono di veder muovere il dipinto, sovrapporre oggetti o animali in movimento e di veder modificati i colori.

 

 

 

 

 

 

 

Pascal PBOY Boyart si firma con un QR Code che permette di donare bitcoin (ridimensionando anche l’idea di retribuzione degli artisti) e imprime un marchio di originalità all’opera, evitandone riproduzioni false, creando un portfolio digitale.

Al festival di urban culture Emoves 2018 di Eindhoven, AUJIK ha presentato 4D Graffiti Invasions. La sua ricerca artistica coniuga robotica, intelligenza artificiale, architettura e neuroscienza, permettendo allo spettatore di riprende con lo smartphone graffiti e interventi di street art che appaiono e scompaiono virtualmente da ogni scorcio del reale paesaggio circostante.

Le dimensioni dello spazio e le opere diventano ancora più fluide grazie a MoMAR, app che usa AR per remixare collezioni del MoMa di New York e trasformarle, maneggiarle, usando il digitale e dissacrarle (come le correnti avanguardiste) virtualmente.

I supporti, le forme utilizzate dagli artisti di strada sono sempre più innovativi. Ad esempio Salvo Ligama per dipingere i suoi pezzi e scegliere i colori, si avvale di un algoritmo, che traduce suoni e voci umane in tonalità di colore.

L’Artista INSA ha creato, invece, dei graffiti in movimento. Le opere vengono riprodotte per 4 volte sullo stesso supporto, poi copiate e incollate, creando il medesimo effetto delle GIF ma immerse nell’arte di strada e visibili addirittura dai satelliti nello spazio.

Un gruppo di artisti visivi e produttori di musica elettronica ha realizzato Suburban Signals, documentario per dare nuova luce a cantieri ferroviari e siti industriali in Russia.

Il film segue gli interventi di alcuni artisti che esplorano l’ambiente urbano attraverso la combinazione di street art e tecnologia digitale, installazioni luminose e proiezioni usando spray, strisce di LED, e controller MIDI.

Il progetto Deus Ex Fabrica a Schio (VI) utilizza AI e IOT per far rivivere la memoria di luoghi abbandonati (periferie o fabbriche) e trasmetterne la storia, facendo capire come i cittadini possano partecipare al design dell’urban style.

Anche Mosaico Digitale, con il progetto Graffiti 4 smart city, trasforma le periferie in luoghi di aggregazione. Con la digital street art si applicano piastrelle su smartwall che permettono di connettersi ai muri, sfruttando la tecnologia 5G, e accedere ad una serie di servizi (scoprire punti di interesse, ricevere informazioni, utilizzare servizi digitali di prossimità, gestire la sosta del proprio autoveicolo, conferire i rifiuti differenziandoli).

 

 

 

 

 

È dunque evidente come la street art stia diventando qualcosa di più di una semplice forma d’espressione irriverente, dissacrante della società. Può diventare uno strumento utile alla città.

Purtroppo, la legislazione e la giurisprudenza di molti ordinamenti non sono sempre concordi sul ritenere la street art una forma artistica o piuttosto un atto di vandalismo. Spesso si verificano casi di violazione della proprietà privata o di imbrattamento di luoghi privati o pubblici. Inoltre, si discute sull’attribuzione della proprietà dell’opera (al suo autore, al proprietario del muro o alla collettività intera, dato che entra a far parte dello spazio pubblico?).

Al di là dei problemi giuridici ancora aperti, l’urban design è un settore florido di opportunità, ricco di sperimentazione e declinazioni (non ancora esplorate del tutto) che ci obbliga a ripensare la città del futuro. L’interconnessione nella smart city potrà portare servizi proprio passando attraverso l’abbellimento dei luoghi pubblici, coniugando arte, bellezza e tecnologia.

 

Guido Casavecchia
Guido Casavecchia

Guido Casavecchia, 22 anni, attualmente iscritto al quarto anno di Giurisprudenza a Torino. Ha preso parte a summer law school e winter law school in storia e filosofia del diritto a Nizza e diritto costituzionale comparato ad Aosta.

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