Cambiamento climatico e ambiente

Emergenza climatica: una boccata di speranza

23 September 2019 | Scritto da Andrea Dusi

Andrea Dusi, Presidente di Impactscool, ha partecipato all’evento “Manhattan Projects against Climate Breakdown”: ecco com'è andata

Mentre in Italia infuriano le polemiche politiche, tra chi fa sospiri di sollievo per non avere più i “populisti” al Governo e tra chi vuole tornare al voto, e le parole ambiente e sostenibilità sono come sempre inserite a caso nei programmi ministeriali (magari senza fondi disponibili) sono stato invitato a partecipare da Blue Yard (una società di venture capital specializzata in investimenti “early stage”  in startup, con sede a Berlino) ad un evento sul clima che si è svolto a Berlino il 17 settembre.

Il nome dell’incontro, “Manhattan Projects against Climate Breakdown”, prende spunto dal progetto Manhattan, nome in codice del programma di ricerca che portò alla realizzazione delle prime bombe atomiche durante la Seconda Guerra Mondiale. Questo programma, racchiuse attorno a sé le migliori menti e i migliori scienziati disponibili all’epoca, tra cui Einstein e il nostro Fermi.

Evidente l’obiettivo di questo evento: trovare le modalità per racchiudere un gruppo di innovatori, scienziati, imprenditori ed investitori per trovare le modalità per riuscire ad invertire quello che purtroppo sembra inevitabile.

Partivo un po’ depresso onestamente, perché qualche giorno prima nel corso di un intervento sull’economia circolare a Verona, mentre raccontavo gli avanzamenti della crisi climatica sono stato bloccato più volte da persone del pubblico che mi hanno pure detto che, cito testualmente, “sono un terrorista perché spavento su cose non vere”. Come tra l’altro mi capita quasi giornalmente attraverso i commenti che leggo sui post che facciamo sull’argomento sulla nostra pagina Instagram @cambiamentoclimatico.

 

Fortunatamente sono andato. Il programma è stato realmente bello, vivace, partecipato da tutti (sia dai 18 speaker sia dai 70 partecipanti) e le connessioni che si sono create mi fanno ben sperare che si riesca insieme, a creare quelle sinergie necessarie a cambiare i paradigmi attuali.

Ci sono dei punti che mi porto a casa, che condivido volentieri:

 

  • in Germania ci sono alcuni centri di ricerca, con centinaia di ricercatori sul tema ambientale, che si occupano di fornire allo Stato linee guida strategiche ed indicazioni operative per intervenire sul tema ambientale. Ad esempio, l’Institute for Advanced Sustainability Studies. Questo consente di evitare che ci siano ancora dubbi, nel loro paese, se il cambiamento climatico sia in corso oppure no e soprattutto di poter dare costantemente supporto. Perché in Italia non abbiamo un centro di ricerca così?
  • Si riuscirà a sconfiggere il cambiamento climatico se la finanza e i capitali renderanno attrattivo per gli investitori e gli imprenditori lavorare in questa direzione. Viviamo ancora in un’epoca dove nella maggior parte dei paesi del mondo ci sono ancora incentivi all’utilizzo dei derivati del petrolio. E se si iniziasse a creare una tassa alle aziende legata all’emissione di CO2? Inquini X, e allora devi pagare Y, da destinare immediatamente a fare “offset”, cioè a bilanciare quello che inquini attraverso, ad esempio, la semina di nuovi alberi?
  • È intervenuto anche il mio nuovo amico Diego Gil, founder di Pachama, società dove tra l’altro sono anche un piccolo socio. Ad oggi ci sarebbe lo spazio secondo le sue analisi per piantare un triliardo di alberi (sì sì, un triliardo) su una superficie disponibile che è pari a quella dell’Europa. Basterebbe questo per salvare il Pianeta? No, ma aiuterebbe parecchio. Ovviamente non solo non stiamo piantando nuovi alberi ma stiamo riducendo, a causa degli incendi e dei disboscamenti, una superficie di alberi pari alla dimensione di un campo da calcio ogni minuto.
  • Il nucleare, che ricordo in Italia è vietato come forma di energia dopo il referendum del 1987 (realizzato a distanza di pochi mesi dalla tragedia di Chernobyl) può giocare un ruolo molto importante nel futuro;
  • Il cemento e il calcestruzzo sono “colpevoli” del 7% delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Interessante come esistano già procedimenti elettro-chimici per crearlo senza emissioni di C02. Un utilizzo diffuso di questi prodotti consentirebbe, soprattutto nei paesi in via di sviluppo che si stanno ancora dotando delle infrastrutture di base.
  • Il trasporto di persone inquina molto di più del trasporto di merci. È essenziale adottare in tempo zero alternative al trasporto privato e/o quello con combustibili fossili.
  • C’è bisogno di molta cultura ed iniziative come quelle di @Impactscool sono centrali per creare un substrato culturale che consenta di accettare le azioni necessarie da implementare (che saranno nella migliore delle ipotesi molto costose).
  • L’Italia come sempre segue a molta distanza. Dispiace essere stato l’unico italiano presente, mentre erano presenti i paesi più industrializzando al mondo e rappresentanti delle più grandi aziende e centri di ricerca, da Google al MIT, dalla Nasa a Volkswagen, da consulenti economici (economici, non ambientali) di alcuni Paesi più avanzati alle startup tecnologiche che nel mondo si stanno facendo notare per le loro iniziative sul cambiamento climatico.

 

A livello professionale due convinzioni, ancora più forti. Da una parte che preparare al futuro non solo è essenziale per prepararci al meglio, ma è vitale per cambiare i paradigmi socio-culturali che servono sia per combattere il cambiamento climatico sia per prepararsi alla necessità di adattamento alle nuove condizioni climatiche. E quindi la visione che abbiamo avuto di creare Impactscool ne esce sempre più rafforzata.

Dall’altra parte da circa 18 mesi a questa parte i miei investimenti in startup è focalizzato esclusivamente su iniziative Planet+ (cioè che mirano a salvare il pianeta), non solo come aspetto etico ma anche come convinzione profonda che il “mercato” del cambiamento climatico tra qualche anno varrà più di 12 triliardi all’anno, di fatto diventando il più grande business della storia.

 

E quindi esco più ottimista da questo incontro. Finché persone così capaci e brillanti si organizzano insieme per fare rete per salvare il mondo (non è un’esagerazione lessicale) allora abbiamo speranza. Anche se nelle nostre province parlare di cambiamento climatico è, ancora per troppe persone, un’esagerazione.

Andrea Dusi
Andrea Dusi

Dopo aver lavorato nella consulenza strategica (Roland Berger, Arthur D.Little), nel 2006 ha creato Wish Days, conosciuta soprattutto per i cofanetti regalo Emozione3. Ad aprile 2016 ha venduto la società al gruppo Smartbox con una exit milionaria. Nel 2017, insieme a Cristina Pozzi, già sua socia in Wish Days, ha fondato Impactscool, di cui è Presidente Esecutivo.

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